Teatro dell’Opera, verso il referendum. FdI: dove è finita la sinistra che difende la cultura popolare?
Non c’è pace per il Teatro dell’Opera, commissariato di fatto e saldamente nelle mani di Carlo Fuortes, sovrintendente del Teatro storico e contemporaneamente Amministratore delegato di Musica per Roma. Malgrado le rassicurazioni del sindaco Ignazio Marino sulla liquidazione sventata, il futuro di uno degli enti culturali più prestigiosi della Capitale resta incerto e appeso ai capricci della sinistra radical chic. «Abbiamo esaminato il bilancio di esercizio 2013. Contrariamente rispetto a quanto affermato da altri, ovvero che il Teatro fosse in pareggio, purtroppo i dati dimostrano che la perdita di esercizio è di 12,9 milioni di euro», ha spiegato il primo cittadino al termine del Cda del Teatro dell’Opera (che si è insediato lo scorso dicembre) per difendere la richiesta al Ministero dei Beni culturali di ammissione ai benefici previsti dalla legge Bray per gli enti lirici. Dopo tanti scioperi e il tormentato tavolo con in sindacati, il Cda ha scelto la formula del referendum nella speranza di ottenere una larga maggioranza favorevole al piano aziendale presentato dal sovrintendente Fuortes» che, a sentire il sindaco, è il migliore dei progetti possibili (nessun licenziamento, nessuna mobilità e stessi livelli dei salari). L’attenzione sul Teatro dell’Opera di Roma si è concentrata sin dai primi giorni di sciopero dei musicisti, ma ha raggiunto l’apice il 18 luglio, quando la Bohème è stata offerta al pubblico delle Terme di Caracalla gratuitamente, con il solo accompagnamento del pianoforte. I sindacati, soprattutto gli autonomi, restano in rivolta, per nulla soddisfatti dell’incontro tardivo ottenuto in Campidoglio con l’assessore competente Giovanna Marinelli. «Noi non abbiamo minimamente condiviso quello che è stato sottoscritto, anzi lo ostacoliamo. Ci sarà un referendum e noi diremo che siamo nettamente contrari alle linee guida del sovrintendente Fuortes depositate al Mibact. Il livello di guardia non si abbassa e rimane alto. Per il momento abbiamo sospeso lo sciopero, ma manteniamo lo stato di agitazione e quindi siamo pronti a riattivare le proteste da agosto», ha detto il segretario Slc Cgil Roma-Lazio Alberto Manzini. «L’accordo con l’assessore sono quattro righe e non è un accordo sindacale – ha spiegato a sua volta Lorella Pieralli della Fials Cisal – ci sono delle frasi di circostanza che non abbiamo sottoscritto perché c’è stato una sorta di ricatto per non procedere più con le forme di protesta». Non esiste più la sinistra di una volta che difendeva la cultura popolare e diffusa – ha commentato Federico Mollicone di Fratelli d’Italia, già presidente della commissione Cultura di Roma Capitale – oggi i rappresentanti della sinistra politica difendono l’oligarca Fuortes che non risponde alla gerarchia istituzionale e che detiene l’oligopolio della cultura italiana ricoprendo contemporaneamente la carica di Ad di musica per Roma e sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma». Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale – ha ricordato Mollicone – aveva presentato un emendamento a Renzi e a Franceschini per vietare i doppi incarichi, ma la maggioranza non lo ha approvato. Ed è così che le lobby gestiscono la cultura italiana e la sinistra compiacente applaude».