Riforma Senato in alto mare: mal di pancia sempre più forti. E Calderoli ritira la firma sugli emendamenti
Tanto tuonò che piovve. I mal di pancia (trasversali) sulle riforme si fanno sempre più forti. Il testo del ddl costituzionale è ancora fermo in Commissione. Era in programma il suo approdo in Aula per il pomeriggio ma, con ogni probabilità, ci sarà lo slittamento a lunedì. Almeno questa è la previsione che alcuni esponenti della Commissione stessa hanno riferito ai giornalisti.
Che la situazione fosse tutt’altro che tranquilla lo si era capito già nel corso della mattinata, quando Roberto Calderoli, uno dei relatori alla riforma del Senato, ha annunciato il ritiro della firma agli emendamenti riguardanti le modalità di elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali e le competenze regionali sugli enti di area vasta. Ad allungare i tempi ha contribuito anche il voto sui sub-emendamenti presentati da Sel e M5S. Il problema non è però tecnico ma politico. Diverse sono state le voci di dissenso che si sono levate in mattinata da entrambi gli schieramenti, a partire da quella del “ribelle” piddino Vannino Chiti, che ha “sparato” nuovamente contro la proposta di elezione indiretta dei senatori: «Non si capisce cosa c’entri con la riduzione della spesa pubblica il togliere ai cittadini il diritto di scegliere con il voto i propri rappresentanti in Parlamento». L’esponente dem ha anche proposto la riduzione del numero dei deputati. Sul fronte opposto s’è fatta sentire anche la critica di Francesco Paolo Sisto di Forza Italia: «Il patto del Nazareno è un patto di massima. I testi di Renzi non sono diktat che noi dobbiamo rispettare, noi li discutiamo. Siamo un partito critico con una sua autonomia». La posizione dei senatori di FI verrà meglio definita in una riunione convocata dal capogruppo Paolo Romani per l’«aggiornamento dei lavori della commissione Affari Costituzionali».
Il probabile slittamento a lunedì potrà creare non pochi fastidi a Renzi, che in questi giorni ha imposto un’accelerazione al processo di riforma costituzionale. Il premier vorrebbe presentarsi al vertice europeo del 16 luglio con un voto favorevole del Senato, in modo da fare sfoggio, davanti ai leader europei, delle sue capacità “decisioniste”. Ma i tempi di Renzi non son coincidono, evidentemente, con i tempi di una riforma cruciale come quella della Costituzione.