Poste italiane per far volare Alitalia? Ma ci facciano il piacere! Pensino piuttosto a recapitare le raccomandate

30 Lug 2014 15:28 - di Antonio La Caria

Quando gli italiani della generazione di chi scrive avevano qualche capello grigio in meno e l’economia italiana cresceva al ritmo del 3% annuo, Telecom (una volta Sip), in regime di monopolio, inondava le nostre case di spot televisivi. Belle facce e attori ammiccanti per cercare di convincerci a usare di più il telefono, perché più lavoro corrisponde a maggiore fatturato e a più lauti guadagni. Oggi, invece, nel pieno della crisi recessiva, Poste italiane, anche esse in regime di monopolio, vogliono convincerci che la corrispondenza tradizionale è un ferro vecchio da mandare in discarica. Fanno degli spot per convincerci della bontà del ragionamento? Nulla di tutto questo: se Telecom ci allungava la vita con le telefonate, Poste l’accorcia con le file. Trionfa la filosofia opposta: non più lavoro per realizzare più guadagni, ma meno attività e meno servizi per i cittadini, magari con gli stessi introiti di un tempo. Il mestiere di una volta non vogliono più farlo, la posta non la consegnano, si sono date alla finanziarizzazione e al mestiere di banchieri, hanno lanciato una società di telefonini e adesso si apprestano a entrare in Alitalia. Anche se è evidente a tutti che chi abbandona la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova. E noi, ci sia consentito, auguriamo alle Poste di rimetterci l’osso del collo, perché quello che stanno facendo agli italiani in questi mesi non è degno di un Paese civile. Non ci sono più portalettere e la corrispondenza viene recapitata poco e male.  I francobolli, però, si vendono ancora e sono sempre più cari.

Sapevamo di questi disservizi, ne avevamo sentito parlare. Adesso però, negli ultimi giorni, abbiamo toccato con mano i disagi che le Poste ci propinano. Pur abitando in un palazzo con portiere, e in una città come Roma, abbiamo avuto problemi a farci recapitare una raccomandata inviataci da un comune calabrese. Infatti, è passata quasi una settimana e ancora la stiamo cercando. Al portiere, che ha dovuto firmare per ricevuta, è stato lasciato un avviso in busta chiusa, ma non la lettera. Per ritirarla bisogna andare all’Ufficio Esquilino (Chissà perché lo chiamano così, visto che si trova a Casalbertone?). Avuto in mano l’avviso telefoniamo a mezzo mondo per capire dove dobbiamo andare e quando (L’Esquilino e parecchio distante da Casalbertone) poi ci presentiamo all’ufficio preposto per il ritiro del plico. Ma qui abbiamo ancora una sgradita sorpresa: gli sportelli sono soltanto due, si prende il numeretto e si aspetta il turno. Peccato che prima di noi ci siano 110 persone (abbiamo il C47 mentre il tabellone luminoso segna B38) e l’ufficio chiude alle 13. Così, visto che è da poco passato mezzogiorno, abbandoniamo l’impresa e rimandiamo tutto ad altra data. Ma intanto abbiamo già perso mezza giornata di lavoro, non abbiamo ancora in mano la tanto sospirata raccomandata e abbiamo un diavolo per capello. Se questa è l’aria che tira Poste italiane stia lontana da Alitalia. Lì l’inefficienza è già grande senza che arrivi un portalettere diventato banchiere a insegnare a Colaninno come si fa a scambiare lucciole per lanterne.  Se tanto mi da tanto c’è il rischio che gli aerei di Alitalia, invece di volare alti nel cielo, divemntino un fardello molto pesante per sempre più sparuti gruppi di viaggiatori.

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