Lunedì alla Camera la proposta di legge sul doppio cognome: ecco cosa cambierà

12 Lug 2014 13:29 - di Redazione

La proposta di legge sul doppio cognome è semplice, la sua applicazione un po’ più articolata. Volendo riassumerla in un due frasi si potrebbe dire che: cade l’obbligatorietà del cognome paterno e arriva la libertà di scelta. La commissione Giustizia di Montecitorio ha infatti approvato la proposta di legge che abolisce l’obbligo del cognome del padre per i figli, lasciando la possibilità di decidere a entrambi i genitori.Il testo sul doppio cognome approderà lunedì in Aula per la discussione generale dopo che in commissione è stato votato il mandato al relatore, e potrebbe ricevere il via libera dall’Assemblea di Montecitorio entro la prossima settimana. Ecco, in pillole, cosa prevede la proposta:

Stop al patriarcato: piena libertà nell’attribuire il cognome. Alla nascita il figlio potrà avere il cognome del padre o della madre o il doppio cognome, secondo quanto decidono insieme i genitori. Se però non vi è accordo, il figlio avrà il cognome di entrambi in ordine alfabetico. Stessa regola per i figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti dai due genitori. Ma, in caso di riconoscimento tardivo da parte di un genitore, il cognome si aggiunge solo se vi è il consenso dell’altro genitore e dello stesso minore se quattordicenne.

Figli adottivi: il principio della libertà di scelta, con qualche aggiustamento, vale anche per i figli adottati. Il cognome (uno soltanto) da anteporre a quello originario è deciso concordemente dai coniugi, ma se manca l’accordo si segue l’ordine alfabetico.

Trasmissibilità del cognome: chi ha il doppio cognome può trasmetterne al figlio soltanto uno, a sua scelta.

Cognome del maggiorenne: il maggiorenne che ha il solo cognome paterno o materno, con una semplice dichiarazione all’ufficiale di stato civile, può aggiungere il cognome dell’altro genitore. Se però nato fuori del matrimonio, non può prendere il cognome del genitore che non l’ha riconosciuto.

Entrata in vigore differita: le nuove norme non saranno immediatamente operative. L’applicazione è infatti subordinata all’entrata in vigore del regolamento che deve adeguare l’ordinamento dello stato civile. Per provvedervi il ministero dell’Interno ha un anno di tempo.

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