L’appello delle deputate azzurre a Renzi: ripristini il ministero delle Pari opportunità

31 Lug 2014 14:55 - di Valeria Gelsi

Una mozione per chiedere che venga ripristinato il ministero delle Pari opportunità. A presentarla in Parlamento sono state alcune deputate di Forza Italia, che si sono rivolte direttamente al premier Matteo Renzi.

«Non basta che metà dei ministri siano donne, se poi si rischia di vanificare tutto l’impegno finora profuso», ha sottolineato l’ex titolare del dicastero Mara Carfagna, firmataria dell’iniziativa insieme a Elena Centemero, Deborah Bergamini e Stefania Prestigiacomo. Nella mozione si sottolinea, tra l’altro, che «a seguito della crisi economica la qualità della vita delle donne in Italia si sta deteriorando notevolmente, obbligandole a una retrocessione in tutti i campi e gli ambiti sociali. Ma questa non può essere una scusante per non applicare anche nel nostro Paese una reale parità di genere». Le deputate azzurre hanno scelto la vigilia dell’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, per tornare su un argomento che aveva già fatto discutere tempo fa, quando sotto il governo a guida Letta il ministero fu abolito. L’ultima ad avere la delega è stata Josefa Idem. Dopo le sue dimissioni, la responsabilità delle Pari opportunità passò al ministero del Lavoro e in particolare al viceministro Cecilia Guerra. Già in quella occasione, un ampio fronte politico e associativo, del quale facevano parte anche voci di destra come quella di Isabella Rauti, segnalò che l’abolizione di un ministero dedicato creava una debolezza istituzionale alla quale bisognava porre rimedio. Una situazione che, secondo gli addetti ai lavori, si è notevolmente aggravata con Renzi, perché avocando a sé la responsabilità delle Pari opportunità di fatto il premier ha creato un vuoto che porta a una mancanza di strategia nelle misure di inserimento e prevenzione. Le associazioni lamentano, per esempio, che i fondi per il piano nazionale anti-violenza sono stati ripartiti tra Stato e Regioni in maniera irrazionale, senza un criterio condiviso e senza riuscire a realizzare una mappatura delle strutture esistenti e da creare che corrisponda alla realtà. O avvertono  sui rischi specifici dello “svuotacarceri” che, se non dovessero passare le modifiche proposte, impedirebbe la custodia cautelare per chi ha un procedimento per stalking o maltrattamenti in famiglia. Infine, ricordano che le competenze del ministero delle Pari opportunità non riguardano solo le discriminazioni di genere, ma anche quelle legate all’appartenenza religiosa ed etnica, all’età, alla disabilità e all’orientamento sessuale. Ripristinare un ministero vorrebbe dire, dunque, anche “metterci la faccia” rispetto a questioni come la campagna dell’Unar contro l’omofobia nelle scuole, che di fatto si è trasformata in un diffuso tentativo di propaganda gay senza che vi sia un soggetto politico che se ne assuma davvero la responsabilità.

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