Dopo i crolli De Magistris fa transennare Napoli. Ma i luoghi simbolo della città cadono a pezzi

11 Lug 2014 17:12 - di Priscilla Del Ninno

Napoli cade a pezzi. Letteralmente. E a ricordarcelo in questi giorni sono i media di ogni genere. Ed è tristemente vero, purtroppo. Drammaticamente inconfutabile: almeno da quando l’improvvisa pioggia di calcinacci, sabato scorso, ha causato la morte di Salvatore Giordano, lo sfortunato quattordicenne a cui 24 ore fa i genitori hanno dovuto dire addio. L’inchiesta su questa morte assurda e inaccettabile è solo ai primi passi: solo nelle ultime ore sono stati emessi dalla Procura della Repubblica di Napoli 45 avvisi di garanzia con i reati ipotizzati di omicidio colposo e crollo colposo. E intanto si piange una giovane vittima. Le saracinesche dei negozi sono abbassate in segno di lutto. Si recrimina su responsabilità pratiche e impalpabili segni del destino, gli inquirenti stanno lavorando su due fronti: da un lato l’accertamento delle responsabilità relative alla manutenzione della facciata dove si è verificato il crollo, dall’altro, l’ipotesi di eventuali omissioni in considerazione del fatto che nei mesi scorsi si era verificata la caduta di calcinacci dagli stucchi decorativi, che non avevano provocato danni ai passanti, ma avevano determinato per alcuni giorni il transennamento dell’area sottostante. Transennamento nuovamente disposto ora: la polizia municipale, infatti, ha chiuso con i nastri da cantiere i tre ingressi rimasti aperti della galleria Umberto I.

La decisione è stata presa su indicazione dei vigili del fuoco dopo aver effettuato i sopralluoghi di rito, preventivi all’inizio dei lavori di messa in sicurezza di cornicioni e fregi. Gli interventi sono realizzati dal Comune di Napoli che poi si rivarrà sui privati proprietari degli immobili, così come stabilito nell’ordinanza emessa dal sindaco De Magistris, sulla base delle indicazioni date mercoledì dalla Procura del capoluogo campano. Eppure, neanche l’interdizione ai luoghi disposta dalle autorità. Neppure il lutto che incombe su quell’area. Niente scoraggia turisti e passanti: nonostante tutto, continua inesorabile l’afflusso all’interno della galleria, come se quanto successo al ragazzo sabato scorso non potesse più accadere.

Niente di più facile, invece: basti considerare che, proprio mentre Salvatore Giordano esalava l’ultimo respiro, un altro storico edificio della città tornava a denunciare pericolosi segni di cedimento. Questa volta si parla della centrale piazza del Plebiscito, dove alcuni pezzi di marmo si sono staccati dalla facciata dell’ingresso principale del Palazzo Reale. Anche quell’area, dunque, è stata transennata per alcuni metri per decisione della Protezione Civile e della Sovrintendenza ai beni architettonici. Questa volta, per fortuna, non ci sono stati feriti. Non vittime fisiche, certo: ma tutta la città è tragicamente vittima dell’imperizia dei suoi amministratori, che hanno ridotto nel tempo un salotto a cielo aperto a cantiere martoriato, squarciato dall’interno da segni di cedimento che il sindaco in carica – come molti dei suoi predecessori – non riescono ad evitare, arginare, gestire. E i luoghi simbolo di Napoli inguainati in strutture di protezione, ingabbiati in grossi teloni verdi di sicurezza, così come tutte le più o meno tardive iniziative di consolidamento di strutture abbandonate al declino e all’incuria ne sono la spietata e drammatica testimonianza.

 

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