Bagno di sangue a Gaza City: salgono a oltre 1100 i morti palestinesi. Colpita l’unica centrale elettrica, più di 200mila gli sfollati
Situazione in evoluzione, ma non troppo a Gaza. La tregua alla fine non ha retto e i combattimenti hanno ripreso senza sosta. La conta dei danni e dei morti è in evoluzione continua, mentre l’attività diplomatica langue, bloccata da veti incrociati. Cinque soldati israeliani sono stati uccisi dai miliziani di Hamas mentre tentavano di entrare in uno dei tunnel costruiti lungo il confine. Dall’altra parte sei palestinesi sono stati uccisi da tiri di artiglieria che hanno devastato il campo profughi di Bureij, proprio al centro della Striscia. Con quest’ultimo fatto di sangue il conteggio delle vittime palestinesi dall’inizio della guerra dovrebbe ormai aggirarsi intorno alle 1100 unità, due terzi dei quali civili. Dato contestato da Israele che sostiene che i civili deceduti a Gaza non superino un terzo del totale. Quisquilie. Fatto sta che agli oltre 200 mila sfollati di Gaza (su una popolazione di 1,8 milioni) se ne sono aggiunti nelle ultime ore altri 20 mila. Sono gli abitanti dei rioni di Izet Abed Rabbo (vicino al campo profughi di Jabalya) e di Zaitun (a est di Gaza) che lunedì notte hanno ricevuto dai militari di Israele l’avvertimento di abbandonare immediatamente le loro abitazioni. Israele ha avvertito gli abitanti che i loro quartieri potrebbero presto trasformarsi in zone di combattimento con i gruppi armati palestinesi. Alla luce delle battaglie che la settimana scorsa hanno insaguinato Sajaya, Beit Hanun e Khuzaa (Khan Yunes) le minacce israeliane hanno indotto dunque la popolazione di quei rioni a sgomberare velocemente le proprie case. Ciò, nonostante che nelle stesse ore numerosi quartieri fossero immersi nella oscurità e malgrado i ripetuti raid dell’aviazione israeliana. Gli sfollati cercano adesso ospitalità da congiunti o riparo in scuole pubbliche. Ma nulla è più sicuro a Gaza, dove l’aviazione con la stella di David ha colpito l’unica centrale elettrica e i cui contenitori di combustibile sono in fiamme da diverse ore e dove i miliziani di Hamas usano anche i cimiteri quali piattaforme per il lancio di razzi verso Israele.
Sul versante politico la questione resta però in alto mare. Anzi, si complica addirittura perché, se da un lato Netanyahu sostiene che mai guerra fu più giusta di questa, dall’altra Hamas incassa il sostegno dell’Iran che, per bocca della sua guida spirituale l’ayatollah Ali Khamenei, ha definito Israele «un cane rabbioso» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, affermando che il mondo islamico deve «armare» i palestinesi. Intanto al Cairo sono attese con impazienza le delegazioni di Hamas, Anp e Jihad islamica che dovrebbero finalmente partecipare ai negoziati su Gaza.