La pasta Garofalo sotto il controllo spagnolo. Addio a un altro marchio del made in Italy?

5 Giu 2014 12:15 - di Giorgia Castelli

La pasta Garofalo finisce sotto il controllo iberico. I grandi marchi alimentari del Made in Italy fanno sempre più gola agli investitori internazionali: dal riso, alla pasta, ai panettoni, alla cioccolata, a fare la parte del leone sul mercato nazionale, con acquisizioni o joint venture, sono stati negli ultimi anni francesi, inglesi, giapponesi, russi, turchi e spagnoli. Ed è targata Spagna l’ultima operazione su un grande marchio di qualità. Gli spagnoli di Ebro Foods entrano con il 52% nell’azionariato dell’antico Pastificio Lucio Garofalo, leader italiano nella produzione di pasta premium. Alla finalizzazione dell’accordo Ebro Foods entrerà nel capitale di Garofalo Spa con un investimento complessivo di circa 62 milioni di euro. L’ingresso del Gruppo Ebro, ha detto l’ad di Garofalo Massimo Menna, «ci dà la possibilità di consolidare il successo della nostra pasta nel mondo» grazie alla sua esperienza e know how internazionale. È un’operazione che, precisa, «rappresenta un valore per il Sistema Italia e non va erroneamente letta come “un pezzo di Italia che se ne va”». Lo sviluppo continuerà a essere guidato dal quartier generale campano di Gragnano. «La nostra azienda – ha proseguito – è sana e forte e questo l’ha messa nella posizione ottimale per cogliere la migliore opportunità di crescita». Pasta Garofalo è una realtà imprenditoriale dalla storia ultra centenaria che, dopo una serie di riassetti proprietari, nel 1997 è passata sotto il controllo della famiglia Menna, nel capitale sociale già dal 1952. Dal 2002 si è concentrata sul segmento di pasta premium ed è passata da circa 30 milioni di euro di fatturato consolidato nel 2002 a oltre 134 milioni di euro nel 2013. Antonio Hernández Callejas, presidente e amministratore delegato Ebro Foods, dal canto suo ha spiegato: «Abbiamo scelto Garofalo per la qualità del suo prodotto, per gli eccellenti risultati raggiunti nel tempo e per le sue persone che, in particolare negli ultimi quindici anni, hanno permesso di dar vita ad una storia straordinaria e con cui abbiamo trovato una perfetta intesa professionale e personale». Ma secondo le stime di Coldiretti c’è ben poco da stare tranquilli: supera i dieci miliardi il valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano passati in mani straniere dall’inizio della crisi. Oltre al 25% del Riso Scotti acquistato dalla stessa Ebro, c’è stata anche la cessione da parte di Averna dei gianduiotti Pernigotti al gruppo turco Toksoz. Ma sono poi da ricordare Lvmh che ha comprato la maggioranza di Cova Montenapoleone che gestisce la nota pasticceria milanese e l’imprenditore di Hong Kong a cui è andata un’azienda vitivinicola nel cuore del Chianti (l’azienda agricola Casanova – La Ripintura a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero). Per non dimenticare il Gruppo Agroalimen di Barcellona salito al 75% nella proprietà di Star, o la Fiorucci salumi acquisita dalla Campofrio food holding. C’è stata anche la vendita della Bertolli al fondo Usa Cvc Capital Partners, mentre il marchio di pelati Ar è ora di Mitsubishi. E nel 2011 Lactalis è stata protagonista dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino, mentre lo spumante Gancia è divenuto di proprietà per il 70% dell’oligarca russo Rustam Tariko.

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