Juan Carlos, il triste tramonto di un sovrano che ha cambiato la storia di Spagna

2 Giu 2014 17:48 - di Aldo Di Lello

Il Juan Carlos che si appresta a passare la corona di Spagna al figlio Felipe è un sovrano molto diverso (almeno sul piano dell’immagine pubblica) dal giovane ed energico re che, tra la seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, riconquistò alla monarchia il favore popolare, in una Spagna impegnata nella delicata transizione alla democrazia e in una Europa che, le “teste coronate” , le aveva già da tanto tempo confinate nel recinto dorato delle cronache rosa. L’immagine odierna è quella di un monarca stanco, malato quanto , soprattutto, lontano dal suo popolo. Lo scandalo del 2012, quando ebbe un incidente durante una battuta di caccia all’elefante in Botswana sancì una rottura profonda e insanabile: mentre gli spagnoli vivevano l’anno (per loro) più duro della crisi economica, il vecchio re se la spassava (insieme, pare, a un’amante) in terra africana, impegnato nella poco lodevole pratica di inseguire  qualche esemplare del grande pachiderma in estinzione. Tutto gli potevano perdonare gli spagnoli (e la reale consorte Sofia), anche il suo esuberante gallismo, scandito da innumerevoli scappatelle extra coniugali (che non è mai comunque motivo di vero scandalo, almeno presso i popoli mediterranei e latini). Ma non quella inammissibile spensieratezza, quella plateale indifferenza al dramma di milioni e milioni di iberici. Il colpo di grazia è poi venuto con l’incriminazione per malversazione e riciclaggio dell’Infanta Cristina nell’ambito di una scandalo di corruzione legato al marito di questa, Inaki Urdangarin.

Juan Carlos I di Borbone non merita però di passare alla storia per il suo triste tramonto di sovrano. In anni decisivi per la vita spagnola si sentì, eccome se si sentì, la sua presenza sulla scena politica iberica. E qui viene certo in mente la prontezza e all’energia che dimostrò in occasione del tentato golpe del colonnello Tejero tra il 23 e il 24 febbraio del 1981. L’intervento del re fu decisivo per sventare il colpo di Stato e salvare la democrazia spagnola: la sua apparizione all’una di notte in tv, quando si presentò  vestito  con l’uniforme di capitano generale degli eserciti e pronunciò un discorso in difesa della Costituzione, rimane nella memoria di molti. Ma è certo che Juan Carlos mostrò in pieno la sua tempra nei delicati mesi tra il novembre del 1975, quando salì la trono, e il luglio  dell’anno successivo, quando affidò l’incarico di formare il  governo ad Alfonso Suarez, che preparò le prime libere elezioni in Spagna dal 1936 e avviò lo smantellamento del regime franchista. Per queste scelte il giovane re fu accusato di aver “tradito” la fiducia del vecchio caudillo Francisco Franco, che ne aveva preparato il ritorno al trono fin dal 1947 e lo aveva voluto accanto a sé negli ultimi anni della sua vita in qualità di capo provvisorio dello Stato. Ma, a parte il fatto che la parola “tradimento” non ha molto senso se applicata alla politica, rimane incontestabile che la società spagnola degli anni Settanta era percorsa dalla potente spinta a ricongiungersi con le democrazie d’Europa.  E lo stesso Suarez che aveva concretamente reso possibile il passaggio al nuovo regime non veniva certo dall’opposizione ma dai ranghi stessi del Movimiento franchista.

C’è chi, con l’abdicazione di Juan Carlos, paventa adesso la fine della monarchia in Spagna. E ciò proprio per effetto della grande popolarità goduta del re in passato: molti spagnoli, più che monarchici, si definiscono infatti “juancarlisti”. Un tale esito appare comunque improbabile. E ciò sia per il fatto che la monarchia rimane il più potente fattore di unità nazionale in un Paese percorso da forti correnti autonomistiche. Sia per la personalità del nuovo re, Felipe IV, che si è finora sforzato di mostrare un’immagine di freschezza e modernità alla sua gente, come accaduto ad esempio in occasione del suo matrimonio nel 2004 con la giornalista televisiva Letizia Ortiz, borghese e divorziata. Felipe, oltre a essere uno sportivo, parla benissimo il catalano e, come tale, può essere ben accolto nella regione che più di ogni altra avverte la spinta ad allontanarsi da Madrid. Il nuovo re non ha però l’esuberanza del padre. Poco male. Meno gossip c’è e meglio è per la dinastia dei Borbone di Spagna.

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