Il Pd sull’orlo di una purga staliniana? L’assemblea dem potrebbe votare la sfiducia ai 14 dissidenti
Lo scontro tra i 14 autosospesi del Pd e il resto del partito sulle riforme sbarca all’Assemblea nazionale, convocata a Roma. Matteo Renzi potrebbe illustrare alcuni punti su cui i partiti di maggioranza e di opposizione hanno trovato una intesa. Ma la tensione potrebbe avere uno sbocco più drammatico con la presentazione di un documento di sfiducia contro i 14 su cui far pronunciare l’Assemblea. I 14 attaccano a testa bassa il capogruppo Luigi Zanda, il ministro Maria Elena Boschi e Renzi, e i restanti senatori del gruppo (sia i renziani che la sinistra interna) che controreplicano irritati. Alcuni esponenti della segreteria vorrebbero presentare, in un ordine del giorno che chiede di andare avanti con le riforme e, in sostanza, sfiducia i 14. Il documento verrebbe fatto votare dai 1.000 in modo da evidenziare che la base del partito è con il governo sulle riforme.
In difficoltà sono le minoranze interne dei Giovani Turchi e di Area riformista (vicina a Gianni Cuperlo), che si vedrebbero schiacciati sulle posizioni di Renzi. Di qui l’appello di Stefano Fassina a evitare «prove di forza in assemblea», e di Roberto Speranza a «superare le difficoltà». Se si eviterà il voto sull’ordine del giorno si potrà tentare di ricucire. Lunedì Zanda incontrerà i 14 e martedì ci sarà l’Assemblea del gruppo, la sesta sul tema; nelle precedenti la maggioranza del gruppo ha votato per il ddl del governo. Una spaccatura analoga si sta aprendo anche nel gruppo Per l’Italia che ha sostituito in commissione il dissidente Mario Mauro, con il capogruppo Lucio Romano. Una parte del gruppo (lo stesso Mauro, Tito Di Maggio e Angela D’Onghia) hanno presentato ricorso al presidente del senato Pietro Grasso, mentre l’udc Antonio De Poli (anch’egli nel gruppo Pi), ha criticato il governo e le sue riforme. Il rischio è che anche questi quattro voti manchino all’appello in Aula.