«Da Renzi un “editto cinese”». Nel Pd Civati prepara la resa dei conti in difesa di Mineo
«È francamente inaccettabile che il premier e segretario di un partito che si dice “democratico”, tratti e usi le Commissioni come fossero un bivacco di manipoli. Il garbato congedo riservato a Corradino Mineo è una epurazione in piena regola che non ha precedenti a Palazzo Madama. Un’epurazione che avviene a ridosso di una votazione, ed è quindi lesiva dell’articolo 67 della Costituzione, che prevede la libertà di coscienza che mai deve essere negata a ciascun parlamentare» Il commento di Anna Maria Bernini, vice presidente vicario di Forza Italia in Senato, rispecchia lo stato d’animo dell’opposizione, ma anche di una parte dello stesso Pd. “Siamo passati dall’editto bulgaro all’editto cinese”, secondo Pippo Civati, principale competitor alle primarie Pd di Renzi. «Lo stesso premier l’ha rivendicata dalla Cina. A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici», ironizza Civati. Un’analoga critica alla scarsa democrazia interna viene formulata a dal compagno di partito, nonché deputato Pd, Guglielmo Vaccaro: «Abbiamo copiato sbagliando quello che hanno fatto i Popolari per l’Italia con Mauro. Dichiarazioni contrarie e proposte diverse espresse nell’esercizio del mandato parlamentare non meritano di essere liquidate usando metodi alla Grillo». Proprio il guru del Movimento 5 Stelle dà del bugiardo a «Renzie, che neppure una settimana fa diceva: “Se nel Pd c’è chi ruba va a casa a calci nel sedere”». Invece, per Grillo, «l’unico nel Pd a essere stato preso a calci nel sedere è stato Mineo condannato per il reato d’opinione contro la riforma della Costituzione». Da parte sua Renzi, preferisce replicare al senatore Pd, silurato. «È stupefacente che Mineo parli di epurazione. Un partito non è un taxi che uno prende per farsi eleggere». E ancora contro l’ex giornalista Rai, il premier va giù pesante: «Non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo». E l’aria che tira nei confronti di Mineo e degli altri tredici senatori che lo hanno appoggiato, non è delle più salubri, a giudicare dall’annuncio di uno dei fedelissimi renziani. «Sulla posizione assunta dai 13 colleghi, faremo esprimere l’assemblea nazionale sabato ed i senatori martedì. In democrazia contano i numeri, non i veti», taglia corto Andrea Marcucci. Corradino avvisato, mezzo salvato.