Che figuraccia, a brandelli l’Italia di… Prandelli. Ora facciano tutti un bagno di umiltà
Forti, fortissimi. Praticamente col mondiale in tasca. La fanfara trionfalistica, dopo la partita vinta contro quelle larve degli inglesi, ha suonato peana a più non posso. Eccoli i veri campioni. Gli azzurri. Bandiere già pronte e feste già prenotate. E così, l’umile Costa Rica ci ha legnati. Uno a zero e zitti. Zitti tutti. A cominciare dal mister Prandelli so-tutto-io. Il Ct sempre celebrato. Che non ha ancora vinto nulla e che pure è già riconfermato. Perché è bravo, bravissimo che più bravo non si puo. Perché fa giocare i nostri moschettieri come mai nessuno. Perché è sagace e tattico. E pure molto politically correct. Che di questi tempi vuol dire molto amico di chi conta. Di Matteo Renzi, per esempio. E prima di Monti. E prima ancora di Berlusconi. E pure di Prodi. E sempre di Napolitano. Ora, certo che non è che la si può sempre buttare in politica. Ma, dicono a Roma «quanno ce vò, ce vò!». E non se ne poteva più degli osanna. Degli applausi. Almeno adesso un po’ di piedini in terra il circo Barnum dell’informazione pallonata nostrana potrà metterli nuovamente. E magari potrà ricominciare a criticare. Perché è importante la critica. Spesso è decisiva. Anzitutto la voglia di aggredire palla, del tutto assente nei nostri. E poi pure la preparazione atletica perché dai costaricani siamo stati surclassati. E infine le scelte tecniche. Con quel Balotelli isolato in attacco e costantemente marcato da tre segugi. Con quel Candreva che sembrava il fratello stanco di quello visto contro la nazionale di Sua Maestà. Con un Thiago Motta assonnato e incerto e con l’intero pacchetto difensivo a corrente alternata. No, non abbiamo fatto una bella figura contro i volenterosi, ma non irraggiungibili ragazzi della Terra del Sorriso. Solo un paio di guizzi del solito Pirlo. Poco. Pochissimo. Perché perdere si può sempre giocando a calcio, ma c’è modo e modo. E noi pare lo facciamo apposta a scegliere sempre il modo peggiore. Cioè senza lottare, senza dare tutto, senza mettere in campo idee e per l’appunto gioco. Adesso abbiamo quattro giorni per evitarci una enorme figuraccia. Per ragionare e dimostrare, contro la Celeste di Cavani e Suarez, che abbiamo la stoffa. La grinta giusta. Che indossiamo una maglia gloriosa. Quella dei campioni.