Ultrà, tanti i punti ancora oscuri sull’agguato contro i tifosi napoletani. La protesta dei legali di De Santis

9 Mag 2014 19:45 - di Francesco Severini

Il drammatico incidente che ha preceduto la finale di Coppa Italia di sabato 3 maggio e che ha portato al ferimento grave di tre tifosi napoletani resta avvolto nel mistero. È stato Daniele De Santis, il tifoso romanista accusato di tentato omicidio, a sparare? E prima e dopo in che mani è passata la pistola 7,65 con matricola abrasa ritrovata scarica? È confermato, come hanno scritto alcuni giornali, che secondo il gip Giacomo Ebner la pistola è stata in mano anche ai tifosi napoletani e sarebbe stata insomma oggetto di una colluttazione? Come si è appreso l’esame stub che rileva tracce di polvere da sparo sulle mani cui De Santis è stato sottoposto ha dato esito negativo. Si può spiegare il fatto con il getto d’acqua che Donatella Baglivo, proprietaria del Ciak Village, ha diretto contro il gruppo di tifosi durante la rissa per cercare di calmarli? La Baglivo è stata oggi ascoltata dagli inquirenti mentre si è saputo dai legali di Daniele De Santis che non sarà loro possibile prendere visione dell’esame stub già eseguito perché l’atto è coperto da segreto istruttorio. I legali affermano inoltre che la Questura avrebbe trasmesso l’atto solo quando era già stata fatta l’udienza di convalida. Ce n’è abbastanza dunque perché i giornali parlino di “giallo” della pistola e perché di tutta la dinamica della rissa si capisca assai poco. E del resto l’intera ricostruzione dello scontro che ha portato al ferimento è stata fin da subito controversa fino a risultare mediaticamente del tutto occultata dalla notizia della presunta trattativa con “Genny ‘a carogna” sotto la curva dell’Olimpico. Inizialmente, come si ricorderà, si era anche parlato di un agente di polizia ferito alla mano da un colpo di pistola nello stesso luogo in cui era rimasto colpito Ciro Esposito. Notizia poi categoricamente smentita. Infine la questura aveva escluso collegamenti tra il ferimento e scontri tra tifosi, attribuendo i colpi di postola a “cause occasionali”. Gli scontri invece c’erano stati, eccome.

I magistrati hanno ascoltato i tre testimoni che per primi hanno soccorso Daniele De Santis. Tra loro anche i due gestori del Ciak Village che, per timore di un tragico epilogo, hanno spostato la pistola con la quale De Santis avrebbe fatto fuoco. Donatella Baglivo e il suo compagno Ivan La Rosa, gestori del Ciak Village, e la loro amica 83enne Anna, hanno ricostruito davanti ai magistrati le concitate ore che hanno vissuto sabato pomeriggio. Un punto su cui i magistrati hanno insistito è stato il ritrovamento della pistola. La donna ha sempre dichiarato di averla trovata dietro un vaso e di averla gettata in un cestino “per evitare il peggio”. Prima di lei il compagno aveva preso quella pistola, poco distante da dove De Santis giaceva a terra dopo il pestaggio, e l’aveva gettata all’interno del Ciak. I pm hanno voluto accertare anche l’uso fatto dell’acqua come “dissuasore” di altri assalti da parte dei napoletani, questo per accertare se De Santis fosse stato raggiunto dai getti d’acqua che avrebbero potuto così “lavare via” una parte dei residui di polvere da sparo. Ai tre testimoni è stato anche chiesto se fossero in grado di riconoscere qualcuno dei tifosi napoletani del commando gran parte dei quali travisati da bandane. Ai due gestori del Ciak Village è stato chiesto anche di ricostruire i rapporti con De Santis visto che i tre si conoscono da circa 5/6 anni. De Santis infatti dormiva e lavorava nell’associazione “Boreale” che dista alcune centinaia di metri dal Ciak.

Agli atti, secondo indiscrezioni, non risulta infine che il capo tifoso Gennaro De Tommaso, fosse in viale Tor di Quinto a soccorrere Ciro Esposito. C’era invece Massimiliano Mantice, l’altro tifoso raggiunto da Daspo per aver scavalcato la recinzione dello stadio Olimpico.

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