L’Egitto costruirà un muro per proteggere il Canale di Suez dal terrorismo islamico
Dopo quello di Berlino e quello in Cisgiordania, ecco il muro d’Egitto: costruendo una barriera di centinaia di chilometri, l’Egitto vuole infatti proteggere dal terrorismo uno dei suoi asset strategici più importanti, ossia il Canale di Suez. Informazioni ufficiose sull’avvio dei lavori per la costruzione della barriera di 320 chilometri sono trapelate assieme a indiscrezioni sulle caratteristiche del muro: sarà alto tra i quattro e i sei metri snodandosi su entrambi i lati di un tratto di 160 chilometri del canale artificiale. In pratica verrà fortificato quasi tutto il corso d’acqua che, scavato nel diciannovesimo secolo a ovest della penisola del Sinai per collegare il Mediterraneo col Mar Rosso, è lungo poco più di 190 chilometri. L’opera costerà circa 200 milioni di dollari e, almeno secondo le previsioni iniziali, dovrebbe essere completata entro otto mesi. Col dichiarato obiettivo di ostacolare nuovi attacchi a colpi di lanciarazzi contro le navi in transito, il muro sarà munito alla sommità di due metri abbondanti di robusto filo spinato e, ogni chilometro, di una torretta di controllo dotata di visori notturni, hanno precisato fonti della società incaricata di costruire l’opera. Le torrette saranno concentrate soprattutto sulla riva est, quella che guarda il Sinai, la penisola desertica in cui si muove il principale gruppo jihadista egiziano: quell’Ansar Beit al Magdis autore di numerosi attentati contro le forze di sicurezza e (quasi 500 vittime in meno di un anno, secondo una recente stima governativa). Navi in transito nel canale che permette la navigazione dall’Europa all’Asia senza la necessità di circumnavigare l’Africa sono state vittime di attacchi: uno aveva fatto clamore quasi un anno fa e fonti della sicurezza ne segnalano ora altri due meno noti, ma che comunque sarebbero tra i motivi che hanno spinto le autorità egiziane a decidere la costruzione del muro. Tranne che negli invasi come il “Grande lago amaro” e quello di Timsah che costituiscono il tratto di una trentina di chilometri destinato probabilmente a restare non-protetto, il Canale è largo solo tra i 205 e i 225 metri: uno spazio ridotto che ha reso facile bersaglio le navi prese di mira nei mesi scorsi, secondo quanto si è appreso, da cecchini nell’area di Ismailia. Più grave era stato un attacco, doppio, compiuto l’estate scorsa e rivendicato da un gruppo jihadista: secondo le fonti, che forniscono dettagli su un questo episodio reso noto a fine agosto, era stato bersagliato un cargo indiano e uno cinese era stato colpito da Rpg, i diffusi lanciarazzi. Di recente erano sono state prese di mira alcune imbarcazioni tra Ismailia e Port Said e un cargo è stato nuovamente colpito da granate lanciate da Rpg. Oltre a patriottismo e rilancio dell’economia, sono proprio la sicurezza e la lotta al terrorismo due delle parole ordine di Abdel Fattah Al Sisi, l’ex generale che ha appena vinto le elezioni presidenziali egiziane. Se le indiscrezioni trapelate dal Sinai troveranno attuazione, Sisi avrà dunque presto nel “muro di Suez” una concreta espressione di questa sua battaglia anti-terroristica.