In arrivo la stangata sulla casa. L’opposizione alza i toni: è una patrimoniale occulta

30 Mag 2014 20:44 - di Redazione

Dopo l’allarme lanciato da Bankitalia sulla Tasi (400-600 euro a famiglia per la prima casa) il dibattito politico si infiamma. Luca Squeri di Forza Italia ironizza: comunque vada sarà un salasso, mentre Maurizio Gasparri sottolinea che il vero volto del renzismo si mostra con il solito aumento delle tasse. Passata la “sbornia” per gli 80 euro il governo passa all’incasso e Altero Matteoli profetizza: la primavera renziana si avvia a conclusione. La decisione è in mano ai Comuni: spetterà a loro decidere se le nuove tasse sulla casa saranno una nuova stangata, che porterà il prelievo al livello del 2012. Il superamento dell’Imu con l’arrivo della Tasi rappresenterà infatti per la prima casa un aggravio tra il 13 e il 60% rispetto al 2013, a seconda se i comuni scelgono l’aliquota base dell’1 per mille o quella massima del 2,5 per mille. Un calcolo che nella realtà potrebbe ulteriormente peggiorare: molti comuni capoluogo di regione, infatti, hanno deciso di aumentare ulteriormente di uno 0,8 arrivando al 3,3 per mille, per introdurre detrazioni. E’ il caso di Torino, Bologna, Ancona, Genova, Napoli. Al momento, Roma e Milano – per le quali i pagamenti slitteranno ad ottobre – si attestano invece sulla aliquota massima ”simplex”, del 2,5 per mille. Il sottosegretario Delrio replica dicendosi tranquillo: gli italiani con la Tasi pagheranno meno. Ma l’opposizione incalza: di fatto il governo ha reintrodotto l’Imu. Ciò spiega la girandola di incontri del premier con i suoi ministri, in vista del prossimo Consiglio dei ministri: un appuntamento che Renzi vorrebbe trasformare nel trampolino di lancio di una serie di provvedimenti mirati ad innescare una ripresa più rapida. Tuttavia il governo chiude la porta alle proposte di allargamento della platea del bonus Irpef alle famiglie monoreddito con almeno tre figli. Ma Ncd va avanti: insisteremo. C’è in ogni caso ancora un week end ed oltre per trovare una mediazione. Il calendario prevede infatti di chiudere il decreto Irpef nelle commissioni Bilancio e Finanze di Palazzo Madama al più tardi entro le 15 di martedì quando poi il testo dovrà andare in aula. I tempi stretti suggeriscono che il governo ricorrerà alla questione di fiducia per velocizzare. Ma su questo il viceministro all’Economia, Enrico Morando, frena: ”vedremo. Dipenderà anche dall’atteggiamento dell’opposizione e dal numero di emendamenti. Ma per ora non dico niente”.

 

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