Duro j’accuse di Tina Montinaro, moglie del caposcorta di Falcone: «Basta con l’antimafia parolaia»

21 Mag 2014 10:28 - di Redazione

«Anche quest’anno le istituzioni regionali e la classe politica siciliana si sono contraddistinte per il manifesto disinteresse verso la memoria di Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo, i tre poliziotti, morti il 23 maggio del 1992 sull’autostrada A29, insieme al giudice Giovanni Falcone e a sua moglie Francesca Morvillo. Ci auguriamo che, per conservare un briciolo di coerenza e onestà intellettuale, non sfoggino la solita retorica del ricordo, buona solo a far passerella sul palcoscenico dell’antimafia parolaia». 

È il duro j’accuse di Tina Montinaro, presidente dell’associazione Quarto Savona Quindici e moglie di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice Giovanni Falcone. «Dal 2012 – continua Tina Montinaro – si attende che partano i lavori per il Parco della Memoria Quarto Savona 15, che doveva nascere sul tratto della A29 tra Capaci a Palermo dove è avvenuto l’attentato e in cui avrebbe potuto trovare una degna collocazione il relitto dell’auto su cui viaggiavano mio marito Antonio, Vito e Rocco. Avevamo avuto l’assicurazione dall’allora governatore Raffaele Lombardo che ci sarebbero stati i finanziamenti, ma oggi non si trova né la delibera promessa né i finanziamenti, ai quali avrebbe partecipato anche l’Anas. Ho chiesto più volte all’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta, di incontrarmi, ma è stato tutto inutile, come vane sono state le rassicurazioni di molti politici. Che dicano chiaramente “non ce ne frega un accidente della memoria di quel giorno”». Anche quest’anno l’auto, che di solito è alloggiata nell’autoparco della Polizia di Messina, sarà fuori dalla Sicilia in occasione della ricorrenza del 23 maggio. «Nel 2013 è stata ospitata a Mozzecane, in provincia di Verona – spiega Montinaro – e quest’anno alla scuola di Polizia di Peschiera del Garda. Evidentemente in altre parti d’Italia ci sono un’attenzione e una sensibilità ormai ignote alle istituzioni e alla politica siciliane, troppo impegnate a rubarsi la scena dell’antimafia da parata».

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