Forza Italia mette i paletti sul Senato, ma la vera minaccia per Renzi arriva dal Pd: dieci le fazioni in lotta
Silvio Berlusconi è rientrato ieri a tarda sera nella Capitale dopo una giornata trascorsa a villa Gernetto ad incontrare diversi esponenti locali di Forza Italia. Incontri durati oltre tre ore durante le quali il Cavaliere ha ripercorso i punti cardini dei 20 anni in politica senza tralasciare nessuno dei suoi cavalli di battaglia. Ampio spazio ovviamente al capitolo giustizia ed alla data sempre più vicina del 10 aprile. Giorno in cui il tribunale di Milano dovrà decidere se affidarlo ai servizi sociali o mandarlo agli arresti domiciliari. Berlusconi – racconta chi era presente – non è entrato direttamente nell’argomento ma ricordato le “tante ingiustizie” subite da una parte di “magistrati politicizzati” che intendono perseguire il disegno politico di eliminarlo dalla scena pubblica. Ma a Roma lo attendeva soprattutto al riforma del Senato, su cui Forza Italia sembra avere una linea da “bastone e carota”. Il governo ieri ha presentato la riforma del Senato in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama e ha subito avuto un assaggio delle difficoltà che incontrerà, con diversi senatori della maggioranza che hanno sollevato obiezioni. Ma nel dibattito Boschi ha potuto ascoltare soprattutto le obiezioni di senatori del Pd (Corradino Mineo) che chiedono di mantenere proprio il Senato elettivo. Ma è tutto il Pd a muoversi sullo sfondo con spirito ostruzionistico. Secondo il quotidiano Il Fatto, sarebbero almeno dieci le fazioni in lotta nel sottobosco dell’apparente plebiscitarismo renziano. Il premier, reduce dalla visita a Londra e dagli incontri con Cameron e Blair, troverà un partito tutt’altro che disposto ad assecondarlo.
Messaggi contradditori, poi, arrivano non solo dal Pd e dalla maggioranza, ma anche da Forza Italia, con Renato Brunetta che ha attaccato a testa bassa, mentre Giovanni Toti e Paolo Romani che si sono mostrati più dialoganti. Ieri il ministro Maria Elena Boschi ha illustrato il testo della riforma del Senato e del Titolo V proprio nella “tana del lupo”, la commissione Affari costituzionali del Senato dove le riforme partiranno non appena il presidente Napolitano avrà controfirmato il ddl del governo. Boschi ha detto che il testo potrà essere modificato (per esempio ancorando il numero dei rappresentati dei Consigli regionali nel futuro Senato agli abitanti delle Regioni) fermo restando che “l’elemento imprescindibile è che non ci sia l’elezione diretta” dei senatori, e che la riforma sia varata dall’Aula del Senato entro le elezioni europee di maggio. Ago della bilancia è Forza Italia: dopo l’apertura di Giovanni Totti, Renato Brunetta ha usato toni sferzanti con Renzi (“bluffa, vuole contrastare demagogia e populismo con demagogia e populismo”) e ha lanciato una serie di “niet”: ai 21 senatori nominati dal Quirinale, e alla eccessiva presenza di sindaci in Senato (quelli delle maggiori città sono quasi tutti del centrosinistra cosa che renderebbe il Senato “rosso”). Ma nell’audizione di Boschi in Senato, il capogruppo di Fi Paolo Romani ha usato toni più morbidi: «Il processo riformatore molto coraggioso che il governo ci ha prospettato ci trova d’accordo nell’obiettivo finale».