Pakistan, altri due cristiani condannati a morte: avrebbero insultato il nome del profeta

5 Apr 2014 18:46 - di Antonio Pannullo

Mentre l’Afghanistan va al voto tra attentati suicidi, minacce, scontri armati, nel vicino Pakistan un tribunale della provincia centrale pachistana del Punjab ha condannato a morte una coppia di cristiani accusati di aver inviato dei messaggini “blasfemi”. Lo riporta il quotidiano Dawn. È la seconda volta in circa 10 giorni che un giudice condanna un cristiano alla pena capitale, prevista da una durissima legge sulla blasfemia più volte criticata da molte associazioni di difesa dei diritti umani. La vicenda ha coinvolto il custode di una scuola cristiana della città di Gojra e sua moglie arrestati lo scorso 25 luglio con l’accusa di aver violato l’articolo 295-C del Codice penale che vieta di insultare il nome del Profeta. Shafqat e Shagufta Masih sono stati accusati di aver mandato con il cellulare un sms “blasfemo” a un negoziante e ad un ex responsabile di un’associazione di avvocati di Gojra. I due avevano immediatamente denunciato la coppia alla polizia. La sentenza di condanna a morte e del pagamento di un’ammenda è stata pronunciata dal giudice Amer Habib durante un processo che si è tenuto nel carcere dove sono rinchiusi i due imputati. In un simile caso, il 27 marzo un cristiano, Swam Masih (il cognome è comune a tutti i cristiani in Pakistan) fu condannato a morte da un tribunale di Lahore, la principale città del Punjab. Era stato accusato di aver “insultato il Profeta Maometto” in una discussione con un amico musulmano un anno fa. La vicenda scatenò la violenza della folla contro una baraccopoli di cristiani della città dove vennero bruciate un centinaio di baracche. Il Pakistan, Paese di 180 milioni di abitanti il 97% dei quali musulmani con una piccola minoranza cristiana del 2% circa, ha una controversa legge sulla blasfemia che condanna indistintamente, con pene che arrivano a quella capitale, le offese a qualunque religione riconosciuta. Una legge, difesa strenuamente dai fondamentalisti, dal clero e da molti islamici, e che punisce anche una semplice offesa verbale, una semplice opinione espressa in una qualsiasi conversazione, ma che si presta in soventi casi a un uso distorto, per esempio per ricattare un vicino di casa o per farsi valere in una disputa. Nel 2011 il ministro cristiano per le Minoranze Shahbaz Bhatti e l’ex governatore del Punjab Salman Taseer furono assassinati da sospetti militanti islamici dopo aver denunciato la strumentalizzazione di questo controverso articolo di legge nel caso, applicato al caso di Asia Bibi. Il Pakistan usa la propria legislazione anti-blasfemia più che in qualsiasi altro Paese del mondo. Il risultato è di 14 persone nel braccio della morte – anche se vige ancora dal 2008 una moratoria sulle impiccagioni – e altre 19 condannate all’ergastolo.

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