Libri della settimana. Ragazze d’Irlanda, un ballo con i matti, la vita di Apollonio di Tiana, il potere della fantasia, Cartesio e il suo pittore

14 Apr 2014 17:37 - di Renato Berio

La timida e romantica Caithleen sogna l’amore, mentre la sua amica Baba, sfrontata e disinibita, è ansiosa di vivere liberamente ogni esperienza che la vita può regalare a una giovane donna. Vivono nella cattolicissima campagna irlandese e scappano dal collegio di suore che le ospita per andare a caccia di emozioni nella grande città. Alla sua pubblicazione, avvenuta nel 1960, l’esordio narrativo di Edna O’Brien – fortemente autobiografico – suscitò reazioni di sdegno e condanna che andarono ben oltre le intenzioni di una sconosciuta autrice poco più che ventenne: il libro Ragazze di campagna fu bruciato sul sagrato delle chiese e messo all’indice per aver raccontato, per la prima volta con sincerità e in maniera esplicita, il desiderio di una nuova generazione di donne di poter vivere liberamente.  A distanza di mezzo secolo, resta uno dei romanzi di formazione più amati nel mondo. (Edna O’Brien, Ragazze di campagna, Elliot, pp. 256, euro 17,50)

Un uomo riceve l’incarico di andare alla Casa dei Matti, padiglione I, per far compagnia ai degenti. Prende così coscienza del mondo dell’ex manicomio, diverso da quello riformato coraggiosamente da Franco Basaglia, ma al tempo stesso sempre uguale, come un mito che non tramonta. Qui tutti hanno un’identità e una storia, anche se in frantumi. Tra l’odore del disinfettante e quello degli alimenti si aggirano Amalia, che si crede nobile, Anita, la “donna down” sempre col cappotto addosso, Maria che non fa che cantare, Olga, senza denti e con la mania religiosa, Berto, fissato con le parole crociate. E poi Cecilia: una donna molto anziana, di novantasei anni, di cui molti, troppi, trascorsi in manicomio, non si sa neppure perché. Cecilia è litigiosa, solitaria, bizzarra. Raccontando la sua vita torna indietro in un tempo che non si può più recuperare. Si può solo ballare: un ballo reale e metaforico insieme, perché sulle note scorrono come in un sogno gli anni non vissuti da questi degenti, Cecilia compresa: gli anni perduti. (Pino Roveredo, Ballando con Cecilia, Bompiani, pp. 154, euro 15)

Mago e filosofo neopitagorico del I secolo d.C., Apollonio di Tiana è un personaggio controverso: Luciano lo considera un ciarlatano qualsiasi; l’imperatore Alessandro Severo un dio. Per i pagani è superiore a Gesù, per i cristiani un Anticristo (anche se diventa protettore di Costantinopoli e c’è chi lo venera come santo). Flaubert ne fa un protagonista della Tentazione di Sant’Antonio, Kavafis gli dedica varie poesie, Pound lo celebra nei Cantos. Ma alcuni studiosi ne mettono in dubbio persino l’esistenza. Attraverso la biografia scritta da Filostrato e scandagliando il lato oscuro e irrazionale del mondo antico, lo studio di Miska Ruggeri tenta di inquadrare il personaggio nella sua era, quanto mai propizia alla fioritura di maghi e profeti, e all’interno del movimento neopitagorico, prima di passare in rassegna la sua immagine presso i posteri, ammiratori e detrattori. (Miska Ruggeri, Apollonio di Tiana. Il Gesù pagano, Mursia, pp. 226, euro 13)

Nessun altro animale dipende dalla narrazione quanto l’essere umano. Non solo, ma gli uomini tendono a mettere al centro delle loro storie cose che non esistono. In pratica, l’uomo è l’unico animale dotato di fantasia. A che scopo esiste nell’uomo fin alla nascita questo istinto primordiale? E’ la domanda cui cerca di dare risposta Jonathan Gottschall che illustra i vantaggi del mondo fantastico utilizzando i dati delle ultime ricerche della biologia e delle neuroscienze. Ciò che ci rende diversi dagli altri, dunque, non è altro che il potere universale della finzione, caratteristica degli individui fin dai primordi dell’umanità. (Jonathan Gottschall, L’istinto di narrare, Bollati Boringhieri, pp. 255, euro 22)

Il filosofo è René Descartes, il sacerdote è il suo amico Augustijn Alsten Bloemaert, il pittore è colui che realizzò il ritratto di Cartesio, Frans Hals. Siamo nell’Olanda del XVII secolo e Steven Nadler ci guida questa volta in un insolito viaggio filosofico-culturale attraverso un periodo cruciale per la storia del pensiero, quanto straordinario per la fioritura artistica. Quadri celebri e celebri trattati – le Meditazioni metafisiche, le Passioni dell’anima, i Principî della filosofia – vedono la luce e si mescolano sullo sfondo del Secolo d’oro olandese, tra polemiche teologiche, gare musicali e la vicenda di un piccolo, controverso, ritratto attribuibile a Hals. (Steven Nadler, Il filosofo, il sacerdote e il pittore, Einaudi, pp. 240, euro 30)

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