Il centrodestra non accetti di essere umiliato. E si dia una scossa per non suicidarsi

1 Apr 2014 19:19 - di Girolamo Fragalà

Di momenti difficili, in questi ultimi due decenni, ce ne sono stati parecchi e non si contano più le volte in cui il centrodestra è stato dato per morto e sepolto, sconfitto e umiliato, fatto a pezzi dai potenti bombardamenti dei poteri forti, dall’azione dei banchieri e di alcuni leader europei. Non si contano più le volte in cui il centrodestra è stato travolto dalle intercettazioni gettate in pasto alla pubblica opinione, dagli scandali o presunti tali, dalle malelingue e dai comici da strapazzo, che facevano passare illazioni per satira, trasformandole in verità assolute. Storie di amore e di coltelli, di tradimenti e riappacificazioni, di passaggi da una sponda all’altra, quoque tu Brute fili mi, «per me tizio è come un fratello», «mi dispiace dirti addio». Ma come l’Araba fenice, l’uccello mitologico che rinasceva dalle proprie ceneri dopo la morte, il centrodestra ha saputo sempre rimettersi in piedi, accettare le sfide, buttarsi a capofitto nelle campagne elettorali e spesso vincerle in modo inaspettato, sorprendendo gli avversari che pensavano di avere lo scudetto in tasca. Stavolta però è dura, perché sembra che la coalizione faccia di tutto per andare incontro a un suicidio politico e non si capisce dove e quando possa esserci la scossa, quella scossa che restituisca soprattutto la fiducia agli elettori. Tutti dicono di voler fare fronte comune contro la sinistra, il gruppone di moderati che in Italia è sempre stato maggioranza. Il gruppone, per adesso, non esiste e alla vigilia delle europee non si fa la battaglia contro gli avversari (che a livello europeo hanno fatto danni enormi, condizionando le politiche dei singoli Paesi in senso negativo) ma si dà vita a una resa dei conti interna. E questo, lo si chiami così o in altro modo, è un suicidio. Forse il problema è la data del 1o aprile, quella in cui Berlusconi conoscerà il suo destino (domiciliari o servizi sociali). Il continuo battere su questa data, nelle dichiarazioni di molti esponenti del centrodestra, è un segno inequivocabile di sbandamento, non tanto per le sorti del Cavaliere, quanto per la reazioni che avrebbe l’opinione pubblica che di solito si schiera con la vittima e non con il carnefice. Vedere un leader umiliato, come la storia insegna, può regalare qualche attimo di soddisfazione a chi l’ha sempre odiato, ma dà molto fastidio a chi ha invece creduto in lui e anche a chi è un po’ distante dalla politica. Proprio per questo l’errore, in questo momento, è dar vita alla resa dei conti interna, perché consente alla sinistra di avere facile gioco su un esercito diviso. Lo stesso Alfano, sul 10 aprile, ci tiene a sottolineare: «Auguro a Silvio Berlusconi tutto il bene possibile. È immutato l’affetto che ho sempre nutrito nei suoi confronti». Poi però scivola nel tatticismo elettorale, dicendo che il Ncd governa e abbassa le tasse mentre Fi non riesce ad attirare i consensi.  E su questo tono sono le dichiarazioni di altri esponenti del partito. È chiaro che poi si innesca il meccanismo della replica e della controreplica, con la conseguenza di finire nel tritacarne mediatico. Il che paralizza uno schieramento che avrebbe molto da dire, come dimostrano le iniziative di Fratelli d’Italia – su Equitalia, euro e contro la sudditanza verso la Merkel – e della Lega, con i suoi referendum tra cui quello molto popolare sulla prostituzione. Occorre quindi darsi una regolata e allontanarsi dal burrone.  Perché a furia di avvinarsi all’orlo del burrone, si rischia seriamente di finirci dentro.

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