A chi gli embrioni contesi? La disputa ora è sulle “mamme” e su chi ha più diritti sul nascituro

18 Apr 2014 11:18 - di Redazione

Nel caos dello scambio degli embrioni c’è una sola certezza: ed è quella dichiarata dal padre biologico dei gemellini impiantati nell’utero di una donna, poi risultata geneticamente diversa dagli embrioni di cui sta portando avanti la gestazione. «In questa storia ci sono sei vittime, siamo io e mia moglie, la coppia che sta portando avanti la gravidanza; e quei due bambini che nasceranno. Anche loro sono delle vittime. Un errore, una svista di qualcuno, una distrazione, non lo so cosa può essere accaduto, ha avuto come risultato di provocare sei vittime. È terribile, non auguro a nessuno di provare quello che stiamo passando noi in queste ore». Le parole esprimono tutta la preoccupazione e lo sconforto che il padre biologico dei nascituri – accertato ieri in seguito al test del dna e della saliva – ha affidato alle pagine de La Repubblica. «È una storia troppo più grande di me – si legge sul quotidiano –  troppo più grande di mia moglie. Siamo sconvolti, disorientati, spaventati. Mia moglie è sotto choc», dichiara l’uomo, che afferma di non aver ancora preso una decisione sulla possibilità di un ricorso – «non lo so, ancora non abbiamo sentito l’avvocato, perché  – aggiunge – «la Commissione del Pertini ci ha comunicato l’errore solo mercoledì sera». Dopo quella telefonata ci è crollato il mondo addosso». Sono parole da cui trasuda, giustamente, un potenziale di rabbia e disperazione disarmanti: perché questa incredibile vicenda ha generato sconcerto, risentimento e un profondo senso di impotenza.

Sentimenti che in queste ore vengono amplificati più che mai, ampliando il raggio delle recriminazioni e delle speculazioni giuridiche. E in vuoto legislativo che potrebbe in ultima analisi risultare dirimente, il dibattito in corso si articola sulla sottile – eppure incisiva – linea di confine che separa la genitorialità genetica da quella gestazionale.

«In base a quanto previsto dal codice civile, i figli sono della donna che li ha partoriti e del di lei marito o compagno. Anche la legge 40, nel prevedere l’irrinunciabilità della maternità e della paternità della coppia che dà il proprio consenso alla fecondazione assistita, porta tutto ciò alle estreme conseguenze», afferma Cesare Mirabelli, ex presidente della Consulta, in un’intervista rilasciata al Messaggero. «Il padre genetico è l’unico che in sede civile potrà agire per affermare che il genitore è lui», rileva però poco dopo Mirabelli, aggiungendo quindi che «stabilire la prevalenza tra i due interessi, uno della genitorialità genetica e l’altro della genitorialità di gestazione, che in questo caso si trovano contrapposti, è un compito che spetta al legislatore».

«Non ho dubbi. I due bambini non sono figli della madre gestante, perché manca il presupposto del consenso all’impianto di embrioni non propri. La legge è chiara laddove si parla di stato giuridico del nato, la parte che non è stata dichiarata incostituzionale dall’ultima sentenza della Consulta», repolica Vincenzo Zencovich, ordinario di Diritto comparato all’università di Roma Tre e legale dell’ospedale Pertini, in un’ omologa intervista sul tema al Corriere della Sera. «I nati della procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche, e che ha dato il consenso per ricevere attraverso l’impianto i propri embrioni», aggiunge Zencovich dalle colonne del quotidiano di via Solferino, secondo cui «le norme aprono la strada al disconoscimento perché esiste la prova che attesta l’impiego, per l’impianto, di materiale genetico estraneo. Il parto è apparenza. La genetica è verità», chiosa Zencovich. «E la verità è che quei figli non sono stati concepiti dalla donna che li partorisce».

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