Venezuela, il regime chavista uccide ancora: studente assassinato con un colpo di pistola in testa
Il regime venezuelano uccide ancora. Uno studente ventitreenne, Jesus Enrique Acosta, è morto colpito da uno sparo alla testa durante una protesta antichavista a Valencia, la terza città più importante el Venezuela. Il primo a diffondere la notizia su Twitter è stato Randolfo Blanco, il giornalista di Venevision – la principale tv privata del Paese – che fu anche il primo a informare dell’uccisione di Genesis Carmona, la Miss uccisa anch’essa da uno sparo alla testa durante una manifestazione, lo scorso 18 febbraio. Il quotidiano oppositore El Universal pubblica dichiarazioni di un cugino dello studente morto, Luis Acosta, che si trovava con lui nella manifestazione, secondo il quale la protesta è stata attaccata da colectivos armati, come vengono chiamati i gruppi irregolari di militanti chavisti. I leader della protesta studentesca in Venezuela avevano convocato l’ennesima “giornata di mobilitazione pacifica nazionale”, con un corteo fino alla sede dell’Ombudsman, a Caracas, per denunciare la repressione violenta delle loro manifestazioni da parte delle forze dell’ordine. «Vogliamo che ci dicano chi sono i responsabili di questa violenza e che li mettano in galera, perché è questa la giustizia che deve applicarsi in uno Stato democratico, che rispetta le libertà dei suoi cittadini», aveva detto Carlos Vargas, chiamando alla protesta non violenta. Dall’inizio delle manifestazioni antichaviste in Venezuela, ossia dall’inizio di febbraio, sono morte almeno 23 persone e oltre 230 sono rimaste ferite. Martedì la Procura nazionale ha informato che 14 agenti di diverse forze di sicurezza – principalmente del Servizio bolivariano di intelligence (Sebin) – sono attualmente in stato di arresto e sotto inchiesta per presunte violazioni dei diritti umani. Due giorni fa, nel mirino delle associazioni di difesa dei diritti umani sono finite le forze di sicurezza e gruppi irregolari chavisti, mentre il governo di Nicolas Maduro respinge tutte le accuse, replicando che sono i manifestanti ad essere responsabili della violenza nel Paese. Il Foro Penale Venezuelano, una ong locale, ha presentato la settimana scorsa all’ombudsman Gabriela Ramirez un rapporto su 40 casi di presunte torture, compreso quello di Juan Manuel Carrasco, uno studente di Carababo che ha denunciato di essere stato stuprato con la canna di un fucile dopo essere stato fermato dalle forze dell’ordine in un corteo antigovernativo. Maduro è stato però categorico: «In Venezuela non si tortura», ha detto in una conferenza stampa, ammettendo però che esistono casi eccezionali, come quello degli agenti dell’intelligence sospettati di aver ucciso due persone il 12 febbraio che attualmente sono sotto inchiesta. Il Relatore speciale dell’Onu contra la tortura, l’argentino Juan Mendez, ha detto a Ginevra che il suo organismo ha ricevuto denunce di ogni tipo dal Venezuela, fra le quali «alcune, fortunatamente poche, di casi gravi di tortura» che dovrebbero essere investigate. Ha quindi rinnovato la sua richiesta di poter visitare il Venezuela ed è in attesa di una risposta di Caracas.