Rampelli: attenzione, il partito degli italiani non può essere nostalgico. Il futuro è aperto
Fin da quando era una giovane promessa del Fronte della Gioventù negli anni Ottanta, Fabio Rampelli amava le citazioni, le espressioni liriche, le metafore. Era un esperto, insomma, dell’intervento immaginifico. Così, dopo i toni ruggenti di Giorgia Meloni sono arrivati i suoi, pacifici, ecumenici, da “padre nobile”. Parla Rampelli, dunque, mentre in sala si distribuiscono le bandiere per il gran finale. E parte con la citazione di Papa Francesco che invita i vescovi ad essere pastori ma “con l’odore delle pecore”: “Anche noi dobbiamo avere addosso l’odore di pecora, metterci al servizio…”. E poi i consigli: niente puzza di naftalina, si va avanti senza paura. Non più con la spada, ma con l’aratro. Bisogna andare nei campi a seminare e non in trincea a combattere. Andare nelle case dove la crisi “è carne viva” non alle finzioni dei talk show altrimenti poi si finisce con lo scivolare sui bluff: la rottamazione di Renzi o il Dudù di Berlusconi.
Si va avanti senza strappi. Perché c’era chi, nel FdG, lo diceva anche prima di Fiuggi, prima dello sdoganamento del ’94, prima della grande sbornia che ha portato la destra quasi all’estinzione che i muri erano stati abbattuti, che la destra nostalgica non aveva scampo, che le etichette erano decrepite. “A Valle Giulia ancora, brilla la stella di Fare Fronte”, ricorda Rampelli. Ricorda quando il Fronte tornò nelle università senza violenza, senza prepotenza, con la forza delle idee. Basta con l’idolatria dell’ideologia: il futuro è aperto. “Dove la metti l’ideologia in Ucraina – dice – sulle barricate di Kiev o nei cordoni russi in Crimea?”.
Anche il partito dev’essere aperto a tutti, non uno scrigno, non una fazione. E tutti siano coinvolti, nessuno si creda assolto, come cantava Fabrizio De André. Con questo invito: “Ecco il partito degli italiani ai blocchi dipartenza, non facciamo il copia e incolla di cose fatte da altri, facciamo i pastori, sconfiggiamo l’apatia perché l’indifferenza è inferno senza fiamme, per dirla con la poetessa Maria Lusia Spaziani”. La prima prova del resto è dietro l’angolo: le elezioni europee di maggio.