L’obiettivo dei giovani delegati: essere buoni italiani, oltre anticomunismo e antifascismo
Il dieci per cento circa dei delegati del congresso di Fratelli d’Italia è composto di giovani tra i 22 e i 30 anni. Sono loro l’investimento sul futuro di un soggetto che ambisce a incarnare una nuova forma di patriottismo. Ma si tratta di un messaggio che può farsi largo tra l’elettorato giovanile? Secondo Marco Perissa, responsabile dei giovani di FdI-An, il messaggio può essere accolto, perché proprio tra i ragazzi l’orgoglio di appartenenza è molto forte. “L’obiettivo – dice – è quello di non far sventolare il tricolore solo nelle curve”.
Questi ragazzi della prima Fiuggi sanno poco, la dimensione in cui operano e si muovono è diversa. Nel ’94 la destra aveva il problema di superare il nostalgismo, il neofascismo, di rendersi presentabile a accettabile agli elettori moderati. Oggi, senza cadere nello stereotipo opposto, l’orizzonte è differente. La destra per questi ragazzi significa ritorno ai valori fondanti, superamento delle barriere ideologiche. Se negli anni Settanta i giovani di destra puntavano ad abbattere i muri del ghetto, a superare le discriminazioni, a normalizzare gli opposti estremismi, oggi l’obiettivo è quello del ritorno a una casa sicura che però “a differenza del passato – spiega Perissa – in questo contesto non è più un ghetto ma un movimento culturale in grado di valorizzare certe parole d’ordine “.
Tra queste parole d’ordine c’è anche il “populismo” rivendicato da Giorgia Meloni quando ha detto “meglio populisti che servi”? La risposta è sì, perché “la parola populismo viene usata in maniera strumentale dai solotti per mortificare un desiderio popolare. Questa non può essere un’offesa”. Il richiamo al Msi non è più di tipo emotivo, ma avviene in una dimensione di storicizzazione: il grande merito del partito di Almirante, sottolinea Perissa, fu quello di testimoniare l’esistenza di una diversità. Il Msi seppe incidere profondamente nel tessuto culturale anche se raccoglieva percentuali esigue.
Ma oggi l’anticomunismo è un valore? No, risponde Petrissa, perché tutto ciò che è contro qualcosa non può sprigionare energie positive. Stesso discorso per l’antifascismo. Fuori da questa artificiale narrazione ideologica esiste l’Italia e il modo migliore per essere “buoni italiani”. Come mai nessuno parla di Berlusconi? “Era ora – dice Perissa – significa che siamo in via di superamento del suo protagonismo mediatico”.