Lettera aperta ai parlamentari: non abolite il Senato. Il bicameralismo è un valore, non un peso ingiustificato
Riceviamo da Domenico Benedetti Valentini, già vicepresidente delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, la lettera aperta a tutti i parlamentari sul bicameralismo e sulla necessità di mantenere il Senato nelle sue attuali funzioni
Cari Senatori e Deputati,
converrete che una cosa è la diminuzione del numero dei parlamentari, opportuna ed importante, non solo e non tanto per la riduzione dei costi quanto per la snellezza e l’efficienza delle Camere legislative; tutt’altra cosa è la soppressione del Senato, cioè di una delle massime articolazioni dello Stato e della democrazia italiana, o – forse ancor peggio – la sua minimizzazione in assemblea non elettiva né realmente legiferante di delegati delle Regioni e degli Enti locali, cioè proprio di quei livelli di cui andrebbero ripensate la stessa esistenza e comunque consistenza e funzioni.
Da membro prima della Camera dei Deputati, poi del Senato, mi sono sempre battuto – me ne fanno fede gli atti di assemblea e di commissione – contro la liquidazione del Senato eletto a voto popolare. Oggi che non sono più in Parlamento e quindi non posso nemmeno essere tacitato da obiezioni volgari, sento il dovere e la libertà di rivolgervi un appello accorato perché non cediate ai luoghi comuni e agli opportunismi contingenti. La sorte e il ruolo di una fondamentale sede della democrazia rappresentativa, depositaria del potere legislativo e concorrente in quello di governo, non possono essere assoggettati alle ragioni momentanee della resistenza di un governo, della validazione di una leadership, della continuità di una legislatura, del coartante collegamento con infide norme elettorali.
Personalmente sono sempre stato convinto della necessità di un bicameralismo elettivo, legislativo e differenziato: con una Camera Alta rappresentativa del libero pluralismo politico, titolata ad esprimere l’ultimo voto su ogni atto e la “fiducia” all’Esecutivo; e una Camera Bassa, rappresentativa del libero pluralismo territoriale e di quello culturale, sociale ed economico, o – se preferite – delle competenze, dei corpi intermedi spontanei e degli interessi legittimi. Dò per ampiamente scontato l’anatema contro il neo-corporativismo, che non mi turba, come non mi turbò quello di neo-centralismo quando imperversava l’ubriacatura del federalismo legislativo. La verità è che sulle declinazioni della rappresentanza democratica simili alla mia vedo riaprirsi un confronto elevato e senza pregiudizi, come dimostra anche qualche interessante intervento ospitato dalle principali testate. Ma questa, naturalmente, è solo una mia specifica visione, sebbene frutto di vita politico-istituzionale vissuta e della inguaribile passione per gli studi sugli ordinamenti costituzionali. La si prenda come una provocazione al dibattito.
Con valenza ben più generale, è il concetto che va riaffermato. Il bicameralismo elettivo – caratterizzato da un numero ragionevolmente più ristretto di seggi, da una differenziata vocazione corrispondente alle multiformi esigenze partecipative della società moderna, da regolamenti aggiornati per esaltarne e garantirne al massimo la concentrazione e produttività – è un valore, una risorsa, non un problema, un impaccio, un peso ingiustificato!
Le difficoltà, i ritardi, le contraddizioni – siamo sinceri – anche nelle ultime legislature e perfino quando le elezioni avevano determinato inedite semplificazioni parlamentari, sono state in minima parte addebitabili a fattori di ordinamento istituzionale, molto molto di più a quelli di pretta natura politica e addirittura di logiche interne alle coalizioni e a ciascun partito.
Ecco perché vi invito caldamente, per non altro interesse che quello della Nazione e della nostra libera democrazia, a non accogliere l’imposizione alla cancellazione del Senato della Repubblica e a rivolgere risolutamente l’impegno riformatore verso moduli totalmente diversi di attualizzazione e valorizzazione del bicameralismo legislativo. Non si devono promuovere irreparabili smantellamenti istituzionali solo perché si dica che una riforma, quale che sia, è stata fatta e perché sia data una ingannevole parvenza di soddisfazione ai cittadini da parte di quella stessa politica che troppo ha fatto per esasperarli!
Lasciatemi dire, cari amici, che è tristissimo vedere le nostre assemblee parlamentari ascoltare, con strumentale rassegnazione e senza un fremito reattivo, quando non addirittura con furbesca complicità, un giovane Presidente del Consiglio che, al di là del novismo fraseologico, ha in sostanza svillaneggiato un ramo del Parlamento, intimandogli l’autosfratto, ma direi tutto il potere legislativo democratico. In quelle parole non c’era freschezza di rinnovamento istituzionale, che mi avrebbe fatto grandissimo piacere, ma secrezione battutistica di superficiale demagogia. Non confido più di tanto di essere ascoltato. Però mi sarei sentito in gran colpa se, per niente che io conti, non vi avessi pregato pubblicamente di fermarvi in tempo e di imboccare strade migliori.