L’allarme di Confcommercio sulle tasse: in sei anni aumentate per oltre 56 miliardi, tre volte il necessario
Dal 2008 al 2013 le tasse sono aumentate di oltre 56 miliardi e il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito di oltre 70 miliardi. Non solo, dal 1990 a oggi i balzelli locali sono cresciuti del 650%, con un’impennata del 7,8% nel solo anno tra il 2011 e il 2012. A rivelarlo è uno studio di Confecommercio sulla pressione fiscale, divulgato
nel corso del forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”, che l’organizzazione ha promosso a Cernobbio. Si tratta di numeri impressionanti, che dimostrano come «più l’economia italiana entrava in crisi, più si è fatto ricorso alla leva fiscale». Sulle spalle delle famiglie la pressione fiscale è aumentata dell’1,6% medio annuo, «più del triplo di quanto sarebbe stato necessario» in una dinamica normale. Una «affollata arena fiscale» in cui, come ha spiegato Carlo Sangalli, «i tributi locali hanno fatto la parte del leone». Misure che, per il presidente di Confcommercio, hanno aggravato la crisi e creato un clima di incertezza. «L’assenza di un efficace coordinamento tra diversi livelli di governo comporta un incremento fuori controllo del carico fiscale complessivamente supportato da famiglie e imprese», ha commentato Sangalli, per il quale «questo federalismo incompiuto e disordinato necessita di una profonda revisione». «Chiediamo al governo – ha concluso – di procedere con decisione in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e alle imprese». Resta però da capire come ci si potrà riuscire ad abbattere la pressione fiscale e a restituire potere d’acquisto alle famiglie. L’idea di ridurre le tasse in deficit, proposta da Matteo Renzi, infatti, secondo Renato Brunetta, non è tecnicamente percorribile e si presenta come uno specchietto per le allodole in vista del voto. «Non si possono ridurre perché c’è il limite del 3%», ha detto il capogruppo alla Camera di Forza Italia, anche lui intervenendo al Forum. «La riduzione prospettata da Renzi richiede una copertura di 830 milioni al mese. Per non andare in deficit – ha spiegato Brunetta – questi 830 milioni devono essere coperti da taglio delle spese o aumento delle entrate per pari cifra ogni mese, e così all’infinito e questa copertura non esiste». Secondo l’esponente azzurro, «Renzi non può ridurre le tasse ai redditi fino a 1.500 euro semplicemente perché non glielo consentono la costituzione italiana e i trattati europei. Se lo facesse, immediatamente scatterebbe la procedura di infrazione per l’Italia». Dunque, perché questi annunci? Per Brunetta la risposta è semplice: «Ha fretta di fare cose come la riduzione fiscale in deficit che non sono possibili, perché con questo pensa di comprarsi la sua vincita alle elezioni». «Ho letto che se non ottiene almeno il 26% va a casa, perché ha la sindrome che è presidente del Consiglio senza aver vinto le elezioni. È la sindrome che ebbe anche D’Alema. E D’Alema andò a casa perché perse le Regionali», ha ricordato l’ex ministro della Pubblica amministrazione, per il quale «un presidente del Consiglio non va a casa perché perde le elezioni europee o regionali. Va a casa se è diventato presidente del Consiglio senza aver vinto le elezioni. Questa è la sindrome di Renzi. Questa – ha concluso – è l’anomalia democratica italiana».