Bersani ruba la scena a Renzi al congresso del Pse. Il premier chiede di “cambiare l’Europa”

1 Mar 2014 14:53 - di Romana Fabiani

C’è tutta la sinistra che conta al Palazzo dei Congressi dell’Eur per l’ultimo giorno del congresso del Partito socialista europeo, la grande famiglia progressista che ha accolto tra le sue braccia il Partito democratico, ingresso “lacerante” per l’ostilità della corrente popolare guidata da Fioroni. «Diamo il caloroso benvenuto nella nostra famiglia al Pd. Senza il Pd la nostra famiglia non poteva considerarsi completa. Oggi siamo più forti», ha detto il presidente del Pse, Sergei Stanishev, aprendo i lavori della kermesse che, a grandissima maggioranza, ha scelto Martin Schulz come candidato alla presidenza della Commissione europea. Proprio in omaggio al Nazareno, il partito ha cambiato il nome in Pse-Socialists&Democrats mantenendo intatto il simbolo, un quadrato rosso con una virgola in basso, che campeggia sul palco con lo slogan «Towards a new Europe». La prima tegola per il baldanzoso Matteo Renzi, seduto tra il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è la standing ovation che la sala riserva a Bersani, il segretario che più di altri ha lavorato per costruire l’adesione del Pd nel Pse. «Oggi è un giorno storico perché il principale partito del centrosinistra italiano entra nella più grande famiglia dei socialisti e progressisti europei», ha detto l’ex segretario ai giornalisti rubando la scena al premier rottamatore. Più che il programma è l’età di Renzi l’argomento privilegiato dai colleghi europei che scherzano con il premier-bambino prima del suo intervento. «Matteo Renzi è troppo giovane: questi giovani premier devono stare attenti. Due anni fa, quando ho ricevuto l’incarico, tutti dicevano di voler fare presto. Ma stai attento, credo che tu voglia essere per un po’ primo ministro», ha detto ironico il quarantunenne premier romeno, Viktor Ponta, che ha dovuto cedere all’ex sindaco di Firenze la palma del più giovane capo di Stato.

Fedele al principio che i panni sporchi si lavano in casa, Renzi comincia il suo intervento rivolgendo un «pensiero all’amico Bersani, a Piero Fassino e Massimo D’Alema e a tutti i leader del Pd e prima del Pds-Ds». Poi, snocciolando il suo buon inglese, ha affrontato i nodi della crisi economica con un’arringa fotocopia dell’intervento fatto alle Camera per la fiducia. Spread, crisi economica, burocrazia: tutti nodi da sbrogliare in nome e per conto dei cittadini, of course. «Dobbiamo tenere i conti in ordine per i nostri figli. Dobbiamo cercare di cambiare il futuro, non semplicemente aspettando, ma costruendo». Come nel suo stile Renzi ha insistito sulle parole “scommesse”, “futuro”, “rinnovamento”.  «La prima sfida da vincere è quella dell’educazione e dell’attenzione verso la scuola, dove si costruisce la condizione dell’Europa economica». Non è  mancato un pizzico di orgoglio nazionale per far dimenticare la brutta pagina montiana dei «compiti a casa» dettati dalla cabina di regia europea («I conti a posto non sono una richiesta di qualcuno fuori ma un impegno verso le nuove generazione»). Infine gli auguri all’amico Martin prima delle foto di rito: «Il tuo compito è il nostro compito, la tua candidatura è una meravigliosa opportunità per te e per noi».

 

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