Via Poma, il Pg della Cassazione: annullare l’assoluzione, nuovo processo per Busco

26 Feb 2014 16:16 - di Redazione

Annullare l’assoluzione di Raniero Busco l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni uccisa a via Poma il 7 agosto 1990. E’ quanto ha chiesto il Procuratore Generale della Cassazione sollecitando i giudici della Prima sezione penale della Suprema Corte ad annullare con rinvio, per nuovo processo, l’assoluzione di Raniero Busco «per non aver commesso il fatto». In particolare, il Pg della Cassazione, Alberto Cozzella, chiede l’annullamento con rinvio del verdetto di assoluzione emesso dalla Corte d’Assise di Appello di Roma il 27 aprile 2012. In primo grado, Busco era stato condannato a 24 anni di reclusione il 26 gennaio 2011 dalla Corte di Assise di Roma. Ad avviso del pg della Cassazione non sono condivisibili gli esiti della maxiperizia del professor Corrado Cipolla D’Abruzzo che aveva escluso la presenza di un morso attribuibile a Busco sul seno della vittima.
L’udienza la trattazione del processo su via Poma, inizialmente prevista in mattinata, era poi slittata nelle prime ore del pomeriggio poiché il presidente del collegio, Umberto Giordano, aveva chiesto ai difensori di Raniero Busco se erano d’accordo a far parlare per primi gli avvocati difensori degli altri procedimenti previsti nel ruolo di oggi. Il professor Franco Coppi, per la difesa di Busco, ha dato il consenso e scherzando ha aggiunto «in questo modo mi sarà però consentito di parlare un po’ più a lungo!». In pubblica udienza, oltre a via Poma che era la causa numero uno, erano iscritti altri sedici procedimenti e per circa sette erano presenti i difensori che, quindi, dovevano svolgere le loro arringhe, precedute dalla relazione della vicenda e dalla requisitoria della Procura.
Pertanto fra un intervento e l’altro, alla fine la trattazione della tragica vicenda di via Poma è slittata nel primo pomeriggio con la relazione del consigliere Giacomo Rocchi.
Per il pg della Cassazione, Francesco Salzano, «nonostante lo sforzo motivazionale contenuto nella sentenza di assoluzione, non posso non sottolineare una certa disomogeneità nel percorso decisionale: c’è stata una svalutazione, una sottovalutazione e una parcellizzazione degli indizi a carico dell’imputato». Ad avviso di Salzano «si svaluta il movente dello stato di tensione del rapporto» che Busco aveva «con la vittima».
Secondo Salzano è necessaria una «rinnovazione dibattimentale» che faccia luce e «ci rassereni rispetto a tutti gli aspetti di criticità» del verdetto assolutorio. A suo avviso, la maxi-perizia sul presunto morso al seno della vittima Simonetta Cesaroni «non ha risposto al quesito fondamentale dell’attribuibilità della traccia della dentatura a Busco». Salzano ha aggiunto che in proposito la motivazione della sentenza di appello, che ha escluso la presenza del morso, «non è convincente e viola i principi del contraddittorio e quelli della prova scientifica». Il rappresentante della Procura della Suprema Corte, inoltre, ritiene che erroneamente i giudici dell’appello hanno ritenuto che «Simonetta non si sia cambiata gli indumenti intimi il giorno del delitto, così come attestato dalle serene dichiarazioni di sua madre, e che le tracce di Dna di Brusco trovate sul reggiseno e sul corpetto possano risalire ai giorni precedenti il delitto». In conclusione, il Pg ritiene sia necessario un nuovo collegio di esperti, che rivaluti nuovamente le foto dell’escoriazione sul seno della Cesaroni e la loro compatibilità con il calco dentale di Busco.

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