Un quotidiano saudita denuncia il racket all’interno della Mecca: 40 euro per il posto in prima fila

8 Feb 2014 14:20 - di Redazione

Posti prenotati in prima fila alla Grande moschea come allo stadio o sul treno. A dare la notizia il quotidiano Saudi Gazette che ha denunciato la condotta “blasfema” di molte donne arabe che hanno avviato un vero e proprio business dei posti per la preghiera nei giorni “di punta”, in particolare il venerdì, il lunedì e il giovedì. «Queste donne usano le borse, i propri oggetti personali o le sedie per occupare i posti migliori» e venderli ai fedeli più facoltosi che vogliono il posto migliore senza fare file. Secondo la denuncia del quotidiano saudita, un altro escamotage adottato da alcune ingegnose donne arabe è quello di chiedere «a  donne africane di portare i loro bambini nella moschea e coprire la più ampia area per i fedeli». C’è anche una sorta di tariffa convenuta, sempre secondo l’inchiesta esclusiva del giornale di Ryad di giovedì scorso e ripresa oggi anche da La Stampa dal corrispondente da Gerusalemme Maurizio Molinari. «200 Riyal al giorno (circa 40 euro) per l’intera giornata. Questo specialmente nei giorni in cui la moschea è più affollata, come venerdì sera, lunedì, giovedì e durante il periodo del Ramadan». Un business che «produce introiti enormi» e sul quale si sarebbe creato una sorta di racket del posto in prima fila. Il giornale segnala anche aggressioni ai danni di guide che hanno cercato di denunciare il business. Il responsabile delle relazioni esterne delle due moschee di Mecca e Medina, ha stigmatizzato il comportamento dei fedeli che adottano questa condotta. Sulla cosa è intervenuto anche il gran mufti della Mecca, Abdulaziz Al-Alsheik, che ha emesso un’apposita fatwa per condannare la condotta contraria ai principi dell’Islam. «La ricompensa divina – ha detto – è destinata a chi arriva per primo in moschea, non certo a chi riesce a sedersi nelle prime file». Il pellegrinaggio alla Mecca è uno dei cinque elementi base dell’Islam: tutti i musulmani sono tenuti a compierlo almeno una volta nella vita se ne hanno i mezzi.

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