La Marina militare italiana ha quasi azzerato la pirateria. Ma i marò sono accusati di terrorismo…

19 Feb 2014 18:02 - di Antonio Pannullo

Pochi giorni fa, ossia due anni dopo il sequestro dei fucilieri di Marina italiani Latorre e Girone a opera dell’India, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si è detto preoccupato per la vicenda, e teme che possa avere delle ripercussioni sulle operazioni di sicurezza antipirateria e sullo stato di diritto. Il punto è proprio questo: la comunità internazionale teme che l’Italia, come proposto da due anni dal centrodestra, possa non partecipare più alle missioni internazionali. Finalmente, dopo aver visto che la “strategia” intrapresa dal governo italiano dal febbraio 2012 non ha portato a nulla, se non ai 26 rinvii da parte delle magistrature indiane, e che i nostri marò sono ancora prigionieri in India, in queste ore si comincia – tardivamente – ad alzare la voce. Durante questo arco di tempo, sono emerse dichiarazioni ufficiali dalle quali la ragione dell’Italia è stata conclamata, sempre non entrando nel merito di quanto accaduto il 15 febbraio 2012: nell’aprile di quell’anno, il G-8 che si è svolto a Washington ha ribadito all’unanimità che il diritto di giurisdizione su un incidente avvenuto in acque internazionali appartiene alla bandiera della nave coinvolta, in questo caso quella italiana. Inoltre, l’area in cui è avvenuto l’incidente rientra tra quelle ad alto rischio pirateria, zone in cui i mercantili sono invitati ad adottare le misure di autoprotezione raccomandate dall’International Maritime Organization. Infine, negli ultimi giorni, persino l’Unione europea e la Nato si schierano a favore dell’Italia poiché Nuova Delhi ha accusato i due militari utilizzando la legge antiterrorismo. Considerato che i due erano ingaggiati in una missione antipirateria, la contraddizione farebbe ridere se non fosse drammatica. Il Senato italiano sospende l’esame del decreto sulle missioni estere fino a che l’Onu non prenderà una posizione chiara. Ed è curioso che le Nazioni Unite se ne siano lavate le mani, perché l’Italia dal 2009 partecipa tra l’altro alla missione diplomatico-militare “Atalanta” antipirateria per far applicare proprio quattro risoluzioni dell’Onu. E a gennaio si è appreso che nelle zone sotto il controllo italiano gli attacchi dei pirati sono sensibilmente diminuiti. L’Italia partecipa anche all’operazione Nato “Ocean Shield”, con una unità navale militare, con analogo successo. Nell’agosto 2011 inoltre l’Italia ha creato i cosiddetti Nuclei militari di protezione. In pratica, la legge prevede l’imbarco di militari italiani su quelle navi passeggeri o mercantili che traversino zone ad alto rischio pirateria. Di questi corpi speciali fanno parte i Fucilieri di Marina ma possono parteciparvi anche gli incursori del Comsubin. L’Italia, dunque,ha pienamente ragione, come si capì dalle prime notizie: solo che in due anni non è riuscita a far valere il suo diritto, addirittura umiliandosi dinanzi all’India quando dovette precipitosamente far tornare i marò in India dato che Nuova Delhi aveva di fatto messo agli arresti domiciliari il nostro ambasciatore, violando la convenzione di Vienna che regola i rapporti diplomatici. Questo dovrebbe testimoniare, oltre che l’incapacità dei governi italiani che si sono succeduti, anche dello scarso o nullo credito di cui gode l’Italia oggi in campo internazionale.

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