«Il mio stipendio è di soli 5440 euro»: a “piangere miseria” è l’assessore al lavoro in Sicilia

25 Feb 2014 21:00 - di Antonio La Caria

A volte sarebbe meglio, molto meglio restare in silenzio per non dare schiaffi a chi soffre per davvero. Ma c’è sempre chi non riesce a misurare parole e concetti, dimostrando di essere lontano mille miglia dalla gente comune, che fa sacrifici quotidiani e che a stento riesce a pagare il mutuo.«Guadagno troppo poco» è diventato un ritornello indigesto se viene dai piani alti della politica. È il caso, ad esempio, di Ester Bonafede, assessore al Lavoro della Regione Sicilia che, in quanto tale, dovrebbe preoccuparsi di fornire possibilità di occupazione ai siciliani che notoriamente, in questo momento non è che stiano troppo bene. Invece si lamenta per l’indennità che mensilmente essa stessa percepisce. «È un paradosso – afferma – che un assessore regionale guadagni meno del suo capo di gabinetto, meno di un deputato e, in certi casi, perfino di un commesso? Eppure è così». «Oltre ai tagli orizzontali – spiega – gli assessori subiscono la tassazione dell’unica indennità percepita per intero. Così per quanto mi riguarda, il mio personale stipendio netto, con la tassazione al 44%, è di 5.440 euro mensili. Meno di quanto percepisca il mio capo di gabinetto o un semplice deputato, che non ha lo stesso carico di responsabilità di un componente del governo». Insomma, l’assessore non si preoccupa di lavorare di più o di farsi venire delle idee perché i siciliani possano trovare un’occupazione, trova scandaloso che guadagni meno di un capo di gabinetto (che a sua volta ha sicuramente uno stipendio troppo alto)  e invidia perfino i commessi, si presume della stessa regione Sicilia. Forse se  facesse per qualche mese la lavoratrice tessile a 1.200 euro al mese, o peggio lavorasse in un call center a 500 euro capirebbe il valore del denaro e le difficoltà per guadagnarlo e protesterebbe di meno. Certo, con esempi del genere,  non ci si può stupire se l’antipolitica in Italia sta facendo tanti proseliti e se quasi la metà degli aventi diritto ormai non va a votare.

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