Il mal di pancia dei militanti traditi. È Pippo Civati l’ultimo samurai della sinistra (e i suoi sono tentati dall’asse con Grillo)

15 Feb 2014 10:54 - di Gloria Sabatini

Tutto ha un prezzo, anche per il fortunato e ambiziosissimo Renzi. L’autostrada spianata verso Palazzo Chigi è uno tsunami per la base del partito, se i vertici hanno scaricato Letta, nei circoli tra i militanti crescono  la rabbia e la confusione per una “staffetta” che sa di giochino di palazzo e per di più imposta a tempo di record senza spiegazione. Si sentono traditi, soprattutto quanti alle primarie hanno puntato su Gianni Cuperlo, lo sfidante “coraggioso” che alla direzione si è piegato ai disegni dell’ex rottamatore. «Io non l’avrei fatto», dicono i dirigenti emiliani nella roccaforte storica del partito. Anche a Roma le sezioni storiche mugugnano, a via dei Giubbonari, una delle più antiche della capitale, la segretaria confessa con diplomazia «si fatica a digerire la novità». “Nemmeno una riunione per spiegarci quello che stava succedendo”, “ma allora alle primarie abbiamo votato il premier non il segretario?” sono le riflessioni più dotte che corrono sui network perché il resto è sfogo condito di amara ironia e torte in faccia alla dirigenza. Il segretario bolognese, Raffaele Donini, cuperliano doc, per evitare l’implosione si rimbocca le maniche e convoca per lunedì mattina i parlamentari per avviare un tour riparatore nei circoli. Nella pancia del Pd serpeggia la tentazione di allearsi con i Cinquestelle e magari anche con Sel per sabotare il disegno inciucista di Renzi. Non a caso l’intenzione di Grillo di irrompere al teatro Ariston («martedì sarò fuori e dentro il teatro», scrive su Twitter) preoccupa il Nazareno tanto da interpellare il presidente della Vigilanza per avere lumi sullo show del pericoloso leader dei Cinquestelle, che rischia di rubare i riflettori al nascente governo Renzi. È preoccupato anche Massimo D’Alema, che tra i padri nobili è il più caustico con la finta svolta ma è sempre più isolato anche tra i suoi, che hanno scelto la strada della collaborazione per dettare i confini del programma di governo.

L’unico a riscaldare i cuori delusi è Pippo Civati che dopo due mesi di silenzio ha sedotto il popolo della sinistra con il suo intervento alla direzione di giovedì (su Youdem ha ottenuto più visualizzazioni di quello del segretario). È l’ultimo samurai pronto a sfidare Renzi. «Quasi quasi fondo il Nuovo centro sinistra, recupero una dozzina di senatori poi vado da Renzi e gli dico il contrario di quello che propongono Formigoni e Sacconi, Nuovo centrodestra contro Nuovo centrosinistra» twittava ieri il Gianburrasca del Pd che confessa ironico di avere «una smisurata ambizione di andare al voto». Una minaccia di scissione neanche troppo velata, «più che altro si stanno scindendo gli elettori…» dice denunciando il trattamento «ingeneroso» riservato a Letta e la manovra da vecchia politica. Con lui si sono già schierati sette senatori, trai quali Puppato, Casson, Tocci e Mineo, se adesso dovessero aggiungersi altri dissidenti, a Palazzo Madama il futuro governo Renzi potrebbe ritrovarsi qualche brutta sorpresa.

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