Dall’Istat con paura: 2 milioni di giovani non lavorano e non studiano, una famiglia su 4 al tracollo, fisco record

11 Feb 2014 12:25 - di Antonella Ambrosioni

Con una pressione fiscale record, a livelli “svedesi” (44,1%) ; con una pessima performance quanto a competitività delle imprese, praticamente fanalino di coda in Europa; con una famiglia su quattro in una situazione di “deprivazione”; con  due milioni di giovani (nella fascia d’eta 15-29 anni), il 23,9% del totale, che non studiano e non sono impegnati in un’attività lavorativa,  istruzione, impresa e lavoro dovranno entrare con forza nell’agenda di rilancio dell’attività di governo. Ma anche altri numeri vanno rapidamente migliorati come mostrano le tante “fotografie” che l’Istat ha scattato e pubblicato nel rapporto “Noi Italia, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, che contiene una serie di dati su economia, cultura, mercato del lavoro, infrastrutture, ambiente, tecnologie e finanza pubblica.

Iniziamo dalla situazione delle famiglie che si confermano le più devastate da una crisi che sembra non voler cessare: in Italia una famiglia su quattro è in una situazione di “deprivazione” ovvero ha almeno tre dei 9 indici di disagio economico, come ad esempio non poter sostenere spese impreviste, arretrati nei pagamenti o un pasto proteico ogni due giorni.

La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia è molto più bassa dei più importanti Paesi Ue. Nel 2012 (dato provvisorio) è stata di circa 111 miliardi di euro, pari al 7% del Pil e a 1.867 euro annui per abitante. Al di sopra del valore medio nazionale c’è il Centro (1.931 euro per abitante), mentre il Mezzogiorno è decisamente inferiore alla media nazionale (1.788 euro). Stretta tra tagli e riorganizzazione, la sanità italiana ricorrentemente vede ridursi posti letto ospedalieri e ospedali. Un obiettivo raggiunto che ci vede in Europa ai livelli più bassi, insieme a Portogallo, Spagna, Regno Unito, Irlanda, Svezia. Un trend antico per quanto riguarda l’offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, che dal 2010 vede l’Italia (3,5 posti ogni mille abitanti)  sotto la media europea di 5,5 posti letto per mille abitanti. Brutte istantaee. In Italia lavorano solo 61 persone su 100 tra i 20 e i 64 anni, un livello che è ancora di 14 punti inferiore al target europeo 2020 (75%),  si legge nel Rapporto Istat  nel quale si sottolinea come nel 2012 per le donne occupate il dato sia ancora peggiore (solo il 50,5%). Peggio dell’Italia fanno solo Spagna (59,3%) e Grecia (55,3%). Progressi, per fortuna, si registrano sui livelli della mortalità infantile, in cui l’Italia si distingue in positivo nella media Ue. Sicilia, Campania e Lazio sono le regioni italiane con il più alto tasso di mortalità infantile. Tuttavia il nostro Paese vanta uno dei valori più bassi in Europa, in calo continuo dal 2000.

Passando ad altri indicatori spicca quello che ci vede tra i paesi più motorizzati in Europa con 62 auto ogni 100 abitanti, seconda sola al Lussemburgo e tra i luoghi con più vetture nel mondo. Se da un lato rappresenta un indicatore positivamente associato allo standard di vita di un paese – evidenzia il report – dall’altro consente di misurare l’impatto negativo sulla congestione del sistema viario riconducibile soprattutto alla densità delle autovetture presenti. Un dato che incide particolarmente sui dati dell’inquinamento. Per quasi 4 famiglie su 10 nel 2013 c’è stato un problema di inquinamento dell’aria: «il 36,7% delle famiglie italiane segnala problemi relativi all’inquinamento dell’aria nella zona di residenza e il 18,7% lamenta la presenza di odori sgradevoli». L’Italia ha uno scatto di reni a tavola, naturalmente: siamo il primo Paese in Europa per prodotti agroalimentari con marchi di qualità. Il “riscatto” italiano, secondo i dati diffusi, passa per i prodotti con certificazione Dop, Igp e Stg che, escluso il settore vinicolo, sono 248, distanziando i 192 della Francia e i 161 della Spagna. Purtroppo continuiamo a sfigurare  sotto il profilo dei numeri culturali: oltre il 50% degli italiani non legge nemmeno un libro e un giornale: nel 2013 solo il 43% degli italiani ha letto almeno un libro nel tempo libero. Sono numeri che “bruciano” e anche la voce “istruzione” andrà rimeditata.

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