Nuova tempesta nel Pd, Cuperlo si dimette dalla presidenza dopo gli sfottò e le accuse di Renzi
«Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero». A 24 ore dal grande sgarbo è arrivata una lettera con parole pesate e pesanti, dopo la rabbia e l’indignazione del giorno prima, quando Gianni Cuperlo era stato sbeffeggiato da Renzi durante la direzione nazionale del Pd. Una lettera con cui l’avversario del sindaco di Firenze alle ultime primarie annuncia le sue dimissioni dalla presidenza del Pd, irrevocabili, a quanto pare. «Non nutro alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismo lo considero un segno della maturità. Non mi dimetto neppure per una battuta scivolata via o il gusto gratuito di un’offesa. Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità», scrive Cuperlo a Renzi, nella missiva pubblicata su Facebook. «Mi dimetto perché – spiega ancora il leader della minoranza interna – sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero. Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere».
Ieri il dimissionario presidente del Pd aveva abbandonato la direzione del partito prima del voto sul modello di legge elettorale, dopo che nel suo intervento il segretario Renzi lo aveva accusato di avere una posizione strumentale a favore delle preferenze, visto che alle ultime elezioni è stato eletto nel listino bloccato anzichè misurarsi con le primarie dei parlamentari.