Nella Roma multietnica di Marino nasce l’agenzia per pacificare i condòmini (e insegnargli la tolleranza…)
Scontro di civiltà per un ascensore in piazza Vittorio si intitolavano un libro e un film di qualche anno fa. Ma la miscela umoristica di satira di costume e ironia che li animavano è ora ben lontana. Oggi che i condomìni italiani sono di fatto microcosmi multietnici, siamo ben oltre l’ascensore, i contenziosi e i motivi di disaccordo sono in stato avanzato. L’Italia è già per Dna il Paese dei mille campanili, dei mille condomìni, e non è un caso che 4 milioni di persone siano in causa con il proprio vicino, riportano fonti elaborate dagli amministratori. Figurarsi com’è difficile rapportarsi con usi, costumi, sapori e odori esotici. Il bel filmetto della società aperta e multietnica ha i suoi aspetti problematici, nonostante la propaganda Kyenge-Boldrini la racconti a tinte pastello. Roma, intanto, si sta attrezzando per dirimere le liti da cortile. Nella Capitale, dove quasi un residente su 10 è immigrato, Amar, l’Agenzia di mediazione abitativa che opera in città, da febbraio organizzerà dei corsi gratuiti per residenti immigrati e per amministratori di condominio sulle regole del buon vicinato. I litigi avvengono già tra italiani per i soliti motivi, il triciclo del bambino che striscia ossessivamente dal piano di sopra, le palline che rimbalzano, il rumore degli zoccoli d’estate, le picconate degli operai che operano fuori degli orari stabiliti dal condomionio e dall’educazione. Quando i condomìni diventano più marcatamente multietnici la convivenza sfocia più facilmente in litigi, raccontano gli operatori e i mediatori che in molte città italiane hanno aperto sportelli per conciliare abitudini diverse. Ci si lamenta spesso di non poter più nemmeno stare sul balcone a leggersi un libro o a riposare per colpa di quelle zaffate penetranti provenienti dalle cucine delle famiglia indiane e pakistane. Queste si sentono offese nei loro usi e costumi, mentre gli altri rivendicano i loro diritti. Cucina etnica e non solo. Far comprendere la logica temporale dei pagamenti a famiglie africane, per esempio, è un’impresa, raccontano gli amministratori alle prese con i ritardi delle quote. Una coppia nigeriana era indispettita dall’arrivo di alcune lettere che aveva interpretato come un richiamo legale ritenendosi vittima di un pregiudizio culturale, racconta un mediatore di Prato in un’inchiesta del Venerdì di Repubblica, tanto che i due coniugi continuavano a ripetere «delle cose si può parlare!». Si scontrano in questo caso due logiche filosofiche opposte: chi fa del rispetto dei tempi e delle scadenze la normalità, la consuetudine per poter ricevere i servizi minimi e chi – come sa chi chiunque abbia conoscenza della filosofia di vita africana – ha del tempo una cognizione naturalmente dilatata sul presente e su ritmi di vita non ossessivamente efficientisti come i nostri. Incontrarsi è possibile, dopo chiarimenti su chiarimenti. Ma non sempre è facile e dipende, come sempre, dal carattere delle persone. Per questo orami stanno spuntando come funghi i mediatori interculturali…