Letta alle prese con il rebus del rimpasto. Renzi si mette di traverso: è roba da prima Repubblica
L’attivismo di Matteo Renzi prosegue. Oggi è salito al Quirinale per un colloquio con Giorgio Napolitano, un faccia a faccia in cui si è parlato di legge elettorale. “Uno scambio di idee su prospettive, confronto e iter per la riforma della legge elettorale e per le riforme istituzionali”. E mentre Enrico Letta è alle prese con il rimpasto che tutti giudicano imminente il segretario del Pd non rinuncia a mettere i bastoni tra le ruote, giudicando noioso e da prima Repubblica il varo di un Letta-bis. “Parliamo di cose serie”, è il suo invito. Un rituale, è il suo giudizio, da cui non potrà certo venire quel cambio di passo che Renzi invoca ormai tutti i giorni. Così anche oggi il nuovo leader dei democratici ha raffreddato gli entusiasmi del premier che, dal Messico dove è impegnato in una serie di incontri istituzionali, ha assicurato che l’Italia riuscirà a fare le riforme necessarie anche grazie al ringiovanimento dei suoi leader. Parole ignorate da Renzi che, appena uscito dal Quirinale, ha digitato su twitter la sua bocciatura politica del rimpasto. La bufera mediatica che ha investito il ministro Nunzia De Girolamo sicuramente avvicina la mossa del rimpasto ma tra le poltrone che traballano, stando ai più informati, ci sarebbero anche quelle di Cancellieri e dello stesso Alfano. La Cancellieri si è trovata invischiata nel caso imbarazzante della scarcerazione di Giulia Ligresti, mentre Alfano, sotto tiro in questi giorni ancora per la questione del rimpatrio di Alma Shalabayeva, si è messo di traverso rispetto all’ipotesi di accelerare sulle unioni civili.
Un rebus dal quale Renzi intende tenersi alla larga: si tratta di non farsi invischiare in una trattativa sulla nascita di un Letta-bis che sfocerebbe inevitabilmente nella richiesta di una nuova fiducia e dunque in un’apertura di credito illimitata al nuovo governo. Almeno fino al 2015. Non è difficile capire che ciò rischierebbe di svuotare la carica innovativa della segreteria democratica, costretta ad allinearsi a una maggioranza che le va stretta.