Foibe, le lacrime tardive di Occhetto. «Bravo Cristicchi, l’Anpi sbaglia. Io ho scoperto l’eccidio solo nel ’90…»

13 Gen 2014 13:18 - di Desiree Ragazzi

Dopo decenni di verità negate per ideologia, silenzi e mistificazioni anche un vecchio comunista “pentito” come Achille Occhetto ammette, pur a denti stretti, la «drammatica realtà delle foibe». Lo stesso leader che archiviò tra le lacrime il Pci alla Bolognina, alla fine degli anni Ottanta, ora piange per «gli esuli raccontati da Cristicchi» in una rappresentazione teatrale criticata dai soliti partigiani e da una certa stampa di sinistra.La cornice in cui si muove Occhetto, intervistato dal Tempo, è fornita dallo spettacolo teatrale Magazzino 18 con il quale Simone Cristicchi ha dato voce al dolore del popolo istriano-dalmata. Occhetto fa autocritica sulla scarsa conoscenza del dramma, anche se ricade nel solito cliché antifascista («nel grande capitolo del ‘900, tra fascismo e antifascismo le colpe stanno dalla parte del primo, ma occorre dire, e nello spettacolo di Cristicchi ne ho trovato traccia, che lo stalinismo ha “macchiato” le idealità dello stesso antifascismo…»). L’ex leader dei Ds, dunque, dopo oltre sessant’anni, da una parte ammette i fatti ma dall’altra ha ancora difficoltà a raccontarli con obiettività storica: è indulgente e giustificazionista nei confronti dei partigiani comunisti titini che sterminarono migliaia di esuli solo perché portatori dell’odiata identità italiana. E continua a usare un lessico intriso di ideologia: li chiama “antifascisti jugoslavi” e preferisce definirli “onesti” («Forse ci furono degli antifascisti jugoslavi onesti che rimasero impigliati in quelle vicende, si possono fare delle analisi articolate quanto si vuole, ma il dato di fatto è indubbio»).

La pièce di Cristicchi ha provocato aspre polemiche del mondo culturale e artistico della sinistra e ha – neanche a dirlo – offeso i partigiani, che con l’Anpi si sono fatti promotori di una “fatwa” contro il cantante romano, chiedendo che gli sia ritirata la tessera di partigiano onorario. Ma Occhetto non condivide la battaglia di delegittimazione dello spettacolo, lo definisce «davvero molto bello». «Trasmette un grande pathos per via di vicende drammatiche nelle quali i torti e le ragioni non stanno tutti da una parte. Si è lontani da una visione manichea». Per il padre della gioiosa macchina da guerra «Cristicchi ci dice che, al di là delle affermazioni ideologiche con le quali si combattono delle battaglie politiche, ci furono anche molti antifascisti che si ingannarono, perché non capirono fino a che punto si stava vivendo il dramma di un popolo e non uno scontro fra nostalgici del fascismo e non, come invece una certa propaganda cerca di far vedere». Occhetto boccia l’iniziativa dell’Anpi che bolla come “totalmente sbagliata” perché «il pezzo teatrale di Cristicchi inquadra tutta la vicenda nel torto storico fondamentale del fascismo». E poi svela di aver appreso del dramma delle foibe solo dopo la “svolta della Bolognina” di inizio anno Novanta. «Prima non ne ero mai venuto a conoscenza». Agghiacciante. «Di fronte a una storia del ‘900 – ammette Occhetto –  segnata dai gradi delitti e dalla conculcazione delle libertà da parte del nazifascismo, probabilmente si è cercato di non vedere, e di non ricercare, qualche cosa che poteva addolorarci. Il merito dello spettacolo di Cristicchi, ecco perché mi stupisco di certe posizioni, è che ha portato una vicenda drammatica e umana lontano dal furore degli opposti ideologismi, per ricollocarla nella sua drammatica realtà storica».

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