Basta un editoriale di Panebianco a scatenare l’ultrasinistra: che brutta aria tira in Italia…

14 Gen 2014 19:16 - di Aldo Di Lello

All’Università di Bologna sembrano tornati gli anni Settanta, quelli più bui e più biechi. Gli attivisti del collettivo Hobo hanno preso di mira il politologo Angelo Panebianco, autorevole editorialista  del Corriere della Sera e docente all’Ateneo felsineo. Una indegna gazzarra è stata organizzata davanti all’ufficio del politologo da un gruppo di autonomi muniti di bombolette spray. A scatenare  l’aggressione degli estremisti è stato un editoriale uscito lunedì 13 gennaio e giudicato “razzista” dai contestatori.  Dopo aver imbrattato la porta della stanza del professore con vernice rossa, gli autonomi hanno schiamazzato, ricoprendo le parete di scritte ingiuriose: «Fuori i baroni razzisti dall’università, Le consegniamo noi un foglio di via». Oppure: «Panebianco cuore nero». Il politologo ha tentato di far ragionare i manifestanti scendendo nel cortile dell’Università per tentare un dialogo. Ma non c’è stato niente da fare: il fanatismo degli odierni agit prop non ha nulla da invidiare a quello dei loro “padri” degli anni Settanta.

Ma che cosa aveva scritto di tanto “scandaloso” l’editorialista del Corsera? Proprio nulla. Nell’articolo, dal titolo Troppe ipocrisie sugli immigrati, Panebianco  aveva svolto un ragionamento pacato e di buon senso, auspicando «basi più razionali alla nostra politica dell’immigrazione» e criticando le «sovrastrutture ideologiche» che condizionano la discussione.  Siovrastruttura per eccellenza è, per il politologo, l’insistito richiamo al criterio dell’ «accoglienza», che ha certo una forte base etica e ideale, ma che non può essere il criterio guida degli Stati.  «Perché si scontra con l’ineludibile problema della scarsità: quanti se ne possono accogliere? Qual è il tetto massimo? Quante risorse possiamo mettere a disposizione dell’accoglienza se la vogliamo decente? A chi e a quali altri compiti dobbiamo togliere queste risorse?». In alternativa, Panebianco propone il criterio della «convenienza». «Di quali immigrati abbiamo bisogno? Con quali caratteristiche, con quali eventuali competenze?». Di qui la conclusione: «Una politica realistica, fondata sulla convenienza, si dovrebbe porre problemi di scelta, di selezione (da monitorare e rivedere nel tempo, alla luce dell’esperienza). Non si tratta di inventare nulla. Altri Paesi hanno già imboccato questa strada». L’editorialista del Corriere non ha fatto altro che invitare a guardare la realtà senza veli, senza ipocrisie, appunto, richiamando il mondo politico al dovere della ragionevolezza. Se vogliamo realmente impedire lo scatenamento di ondate di razzismo e intolleranza altra strada non c’è.

Tanto è però bastato per la lapidazione mediatica di Panebianco, studioso (di formazione liberale)  peraltro apprezzato per il suo senso di equilibrio e per il suo rigore intellettuale. Per le  “anime belle” , per i Tartufi da salotto, per estremisti spaccatutto in cerca di pretesti, per tutte le teste calde e penne all’arrabbiata che popolano il nostro infelice Paese, il richiamo al principio di realtà rappresenta una sorta di odiosa bestemmia. Il dato forse più inquietante dell’aggressione a Panebianco è che si stratta di un classico prodotto, per così dire, di ambiente e di clima. Nella giornata d’uscita dell’articolo, i siti di sinistra pullulavano di ingiurie e di attacchi all’indirizzo del politologo bolognese. Tra tutti si è distinto Giornalettismo, che ha definito l’articolo un «editoriale platealmente razzista», editoriale che sembra «piacere molto ai commentatori abituali del quotidiano, che giustamente lo mettono sullo stesso piano dei ricorrenti rantoli xenofobi di Giovanni Sartori» (una prosa davvero misurata ed elegante!).  E poi una demolizione a suon di ingiurie delle argomentazioni di Panebianco: «un espediente retorico sfacciato», «un passaggio pesantemente razzista», «un razzismo volgare, mendace e ignorante». E, a conclusione, il fuoco pirotecnico di improperi: «Quasi un pezzo à la carte, uscito dalla cucina delle peggiore borghesia italiana , quella da sempre razzista e da sempre abbastanza pavida e vigliacca da nascondere il proprio razzismo dietro esercizi di stile tanto maldestri ed eversivi». Il giorno dopo l’uscita delle smodate invettive è avvenuta la contestazione a Panebianco. Una brutta aria comincia a tirare in Italia.

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