A 70 anni dallo sbarco di Anzio onorati i soldati alleati. Ma chi ricorda i caduti italiani?

22 Gen 2014 20:44 - di Corrado Vitale

Il settantesimo anniversario dello sbarco anglo–americano ad Anzio è stato ricordato, come era giusto che fosse, con una certa solennità. I rappresentanti  del governo (il ministro Kyenge, i  sottosegretari alla Difesa, Roberta Pinotti e Gioacchino Alfano), il governatore del Lazio Zingaretti, i rappresentanti diplomatici di Usa, Gran Bretagna e Canada e le altre autorità presenti alle celebrazioni hanno sottolineato, come è prassi nelle commemorazioni degli eventi della Seconda guerra mondale in Italia, il valore del sacrificio dei soldati alleati per la sconfitta del nazismo e la restituzione della democrazia all’Italia. Tutto giusto, per carità. Sono dati storicamente incontrovertibili. E un sentimento di pietà è doveroso esprimerlo per tutti quei giovani americani, britannici e canadesi  venuti a morire in Italia.

Senonché, dopo settant’anni,  sarebbe giusto raccontare quella pagina di storia in tutta la sua completezza e la sua complessità, ricordando tutte le tragedie e tutti i sacrifici che avvennero in quei terribili mesi. Comprendendo quindi anche le vittime civili italiane dei cannoni e delle bombe angloamericane, vittime che non si possono liquidare come “danni collaterali”; anche perché spesso si trattava di una strategia volta a seminare il terrore tra la popolazione. Ancora è vivo, nei più anziani, il ricordo angoscioso di “Pippo”, come veniva chiamato il cacciabombardiere alleato che colpiva indiscriminatamente i civili che avevano la sfortuna di finire nel suo raggio di azione. “Pippo” colpiva all’improvviso e all’improvviso spariva.

E le autorità italiane dovrebbero oggi anche ricordare gli italiani che combatterono dall’altra parte. Anche quello fu un sacrificio. Anche quei giovani andarono a morire sul fronte di Anzio e Nettuno per senso del dovere e in nome di un sentimento patriottico. Parliamo dei 10.000 soldati, inquadrati nelle formazioni militari della Rsi, che si avvicendarono da gennaio a maggio 1944 sul fronte di Anzio e Nettuno. Erano i paracadutisti del battaglioni “Nembo”, “Folgore” , “Azzurro”,  i fanti di marina del “Barbarigo”, gli artiglieri del gruppo “San Giorgio”, insieme con una compagnia   di Granatieri di Sardegna, con gli Studenti Volontari Romani e con altri reparti. In 576 caddero sul campo, mentre altri 765 rimasero feriti. Una citazione, un ricordo, una menzione li meritano, da parte della Repubblica.

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