Serial killer in fuga, Cancellieri accusa il direttore del carcere: «Sapeva tutto». Intanto ne è scappato un altro

20 Dic 2013 10:53 - di Priscilla Del Ninno

La caccia all’uomo si intensifica, e raddoppia i suoi obiettivi. Neppure in un film sarebbe credibile l’evasione di due pericolosi detenuti nel giro di 48 ore: ma dato che la realtà, spesso, supera la fantasia, non resta che registrare il duplice increscioso episodio di cronaca, e prendere atto delle maglie sempre più slabrate del “sistema” giudiziario. Così, proprio mentre ancora non ci si capacita di come sia potuto accadere che un pluriomicida del calibro di Bartolomeo Gagliano possa godere di un permesso premio, e lasciare il carcere di Genova dove era detenuto, per aggirarsi armato tra la Liguria e – si sospetta – il Piemonte, diretto magari in Francia, ecco che accade l’imprevedibile o, meglio ancora, l’inaccettabile: allo scadere delle otto ore concesse come permesso premio il 15 dicembre scorso al pentito di camorra Pietro Esposito, il killer e poi collaboratore di giustizia non rientra al carcere di Pescara dove aveva appena finito di scontare la pena di sei anni per due omicidi, e dove era attualmente detenuto proprio per una precedente evasione. Due casi in due giorni: un record negativo che non ha certo bisogno di essere ulteriormente commentato, e che ha costretto il ministro Cancellieri a riferire in Aula. «Sia il magistrato di sorveglianza che il carcere erano a conoscenza dell’ampio curriculum criminale di Bartolomeo Gagliano» ha detto il guardasigilli riferendo alla Camera sulla vicenda. «Ma non è da un singolo episodio che si possono trarre conclusioni affrettate ed emotive su istituti irrinunciabili per l’attuazione del principio costituzionale della rieducazione della pena», ha aggiunto poi il ministro della Giustizia. Resta allora da chiedersi se questi percorsi di riscatto e reinserimento conducano davvero alla riabilitazione. E anche, qualora il miracolo del pentimento e della redenzione si avverasse, questi detenuti sono davvero pronti al reinserimento? E la società è preparata, socialmente e moralmente, a riaccoglierli? Tutti noi siamo ancora sconcertati dalle immagini di Erika De Nardo – che dodici anni fa a Novi Ligure uccise con lucida spietatezza, insieme con il fidanzatino Omar, la madre e il fratellino indifeso – alla guida della macchina che fu proprio di sua madre Susy Cassini. Molti di noi ancora sono abbastanza sconcertati all’idea che Anna Maria Franzoni, accusata dell’omicidio di suo figlio Samuele, e reclusa per questo nel carcere di Bologna, possa trascorrere le festività natalizie in famiglia, come se niente fosse. E come commentare Raffaele Sollecito che, tra condanne e assoluzioni, si ritrova a sorseggiare cocktail a Santo Domingo, mentre Amanda Knox scrive libri e concede interviste tv a Seattle, proprio negli stessi giorni in cui la famiglia di Meredith Kercher si ritrova a celebrare il sesto natale senza una figlia, senza una sorella. E forse, in risposta a questo disorientamento, poco contano le peripezie psicologiche, le consulenze dei cappellani dei vari carceri, le dissertazioni sociologiche e le arringhe parlamentari. «Le prime dichiarazioni del direttore del carcere di Marassi sembravano sostenere che l’istituto non aveva conoscenza della storia criminale del detenuto Gagliano, cosa smentita dalla corrispondenza intercorsa tra la direzione del carcere e la magistratura di sorveglianza», ha spiegato il ministro Cancellieri in Aula tentando di «sgombrare il campo dagli equivoci» e ribadendo come e perchè il giudice di sorveglianza abbia concesso il permesso sulla base di tutti gli elementi di conoscenza che erano necessari al fine di adottare quella delicata decisione, stando alle risultanze sino ad ora acquisite». Così come conta poco considerare che nella proporzione tra permessi premio concessi e mancati rientri, la «percentuale di violazione sarebbe di molto inferiore all’1%». E  consola assai di meno venire a conoscenza del fatto che, nel caso del pentito di camorra Pietro Esposito, risulta che il detenuto in questione «sarebbe stato liberato nel giugno del 2014». Qualunque argomentazione giuridica, qualunque giustificazione psicoterapeutica, qualunque informativa alla Camera, non possono avvalorare il fatto che nel Paese in queste ore ci siano due bombe potenzialmente pronte ad esplodere.

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