Il ministro della Difesa “arruola” gli immigrati: «Cittadinanza italiana a chi fa il servizio militare»
«Si faccia una piccola modifica alla Costituzione italiana e si dia la possibilità agli immigrati di poter entrare nelle forze armate». La proposta arriva dal ministro della Difesa, Mario Mauro che, in un’intervista a Libero, interviene sull’opportunità di cambiare la legge Bossi-Fini. Ma anche e soprattutto della sua idea di militare-immigrato, perché la vicinanza con le forze armate, a suo dire, «favorirebbe l’integrazione». Il tutto visto in chiave di lettura totalmente europea e popolare. «Oggi si può fare il militare solo se si è cittadini italiani. Bisognerebbe fare come negli Stati Uniti dove, se si presta servizio nelle forze armate per un certo periodo, si è agevolati nel conseguimento della cittadinanza». Una soluzione che, secondo l’ex europarlamentare del Pdl (oggi esponente di Scelta Civica) rappresenterebbe una risposta al ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge che caldeggia con il Pd l’introduzione dello ius soli, la cittadinanza acquisita automaticamente con la nascita sul suolo italiano. «Penso che più di ius soli – premette Mauro – in Italia avremmo bisogno dello “ius culturae”». Il modello si ispira, secondo il ministro della Difesa, ad altre nazioni. «Bisognerebbe fare come negli Stati Uniti dove, se si presta servizio militare si è agevolati nel conseguimento della cittadinanza. Però lo ius culturae è molto più di questo: è la traduzione di un principio che esisteva già nella tradizione latina. Quello di un inviduo che vuole essere parte di una comunità. È un principio operante in un modo virtuoso anche in Paesi come la Germania che, lo ricordo, non è assolutamente sospettabile di lassismo nei confronti dell’immigrazione, ma attenta a farsi partecipe di quelle che sono le proprie tradizioni, la propria lingua, la propria cultura». Un principio che servirebbe, secondo Mauro, «anche per dare quella forza evocativa dei valori della patria e della nazione che di tanto in tanto sembrano difettare anche alla vita ordinamentale delle nostre scuole». Una proposta che, secondo l’esponente eletto con Mario Monti, dovrebbe inserirsi in un «dibattito culturale e politico che investa sia la nostra società che il Parlamento».