«Ho scritto dove era nascosto Bin Laden». Scrittrice ciociara chiede la taglia di 25 milioni agli Usa

17 Dic 2013 19:11 - di Redazione

«Osama Bin Laden non è morto come ci hanno raccontato.  E se non vinco la causa rivelerò la verità sulla sua fine». La causa in questione si discuterà al Tribunale civile di Roma dove una scrittrice che vive in provincia di Frosinone, Maria “Mary” Pace, rivendica la taglia di 25 milioni di dollari che gli Stati Uniti misero sulla testa del capo di Al Qaida, ucciso ad Abbottabad, in Pakistan, nel 2011. La donna sostiene di aver saputo da un ex noto agente dell’intelligence italiana, Guido Giannettini, dov’era il nascondiglio del terrorista già nel 2003 e ha fatto causa al ministero degli Interni italiano e al governo Usa. Domani la prima udienza. La ricompensa non è stata mai pagata: Washington disse che non c’era stata alcuna soffiata. «Informai la Digos di Frosinone nel 2003 (Pace abita a Sgurgola, a pochi chilometri dal capoluogo ciociaro – ndr) di dove si nascondeva in Pakistan e non so se l’informazione é mai arrivata agli Usa – racconta Pace – Nel 2010 contattai la Cia: otto mesi dopo Bin Laden è stato ucciso ad Abbottabad, vicino al luogo da me indicato». Nel fascicolo portato davanti al giudice ci sono delle mail scambiate nel 2010 dalla donna con un sedicente agente dei servizi Usa, che si firmava Randy. La località sarebbe stata citata invece in un articolo di Pace per il periodico il Borghese, del 2007, che sarebbe stato inviato a Randy. Nel pezzo si citano quattro installazioni militari pachistane, una delle quali nell’area in cui Bin Laden è stato poi effettivamente individuato. Randy le avrebbe anche fatto delle telefonate, sostiene Pace. La scrittrice, che ha 70 anni, racconta di aver avuto l’informazione da Giannettini, agente Z del servizio segreto militare Sid negli anni ’60 e ’70, assolto nel processo sulla strage di Piazza Fontana e morto nel 2003,  prima delle rivelazioni su Bin Laden.  Pace è rappresentata dall’avvocato Carlo Taormina, che punta ad ottenere i tabulati telefonici per documentare le telefonate tra il presunto agente Cia e la sua assistita. «Obiettivo dell’udienza di mercoledì è poter notificare gli atti all’ambasciata Usa a Roma – spiega l’avvocato Giorgio Taormina, figlio di Carlo – Finora dagli Usa ci sono tornati indietro». Al momento non è chiaro se gli Stati Uniti si siano costituiti in giudizio né se lo faranno. Il Viminale invece ci sarà, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato. Il ministero afferma nell’atto di costituzione di aver girato l’informazione nel 2003 agli americani.

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