Da “partigiana” della legalità ai domiciliari: ex sindaco calabrese incriminata per rapporti con le cosche

3 Dic 2013 17:59 - di Redazione

Era stata indicata, durante il suo mandato, dal 2008 al 2013, come uno dei primi cittadini calabresi impegnati contro la ‘ndrangheta e contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività dei Comuni. Ecco perché fa particolare scalpore l’arresto di Carolina Girasole, l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, eletta in una lista civica di centrosinistra e arrestata dalla Guardia di finanza per i suoi presunti rapporti con la cosca Arena. «Il dolore è di tutti perché questo alimenta la sfiducia», ha commentato il procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, che ha illustrato a Crotone l’operazione della Guardia di finanza chiamata “Insula”. In carcere sono finiti Nicola Arena, boss di Isola Capo Rizzuto; i figli Massimo e Pasquale; Francesco Ponissa, Salvatore Arena, di 22 anni; Luigi Tarasi, Vittorio Perri ed il poliziotto Carlo Capizzano. Ai domiciliari sono stati posti con l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, il marito Francesco Pugliese, oltre ad Antonio Demeco.

L’ipotesi sulla quale si basano le indagini sono le intercettazioni telefoniche ed ambientali nelle quali gli Arena parlano del sindaco. «Glielo direi io come ha preso i voti». È questa una delle frasi pronunciate da Pasquale Arena, figlio del boss dell’omonima cosca Nicola Arena, nel corso di una conversazione intercettata e riportata nell’ordinanza di custodia cautelare. Il figlio del boss commenta poi «ironicamente – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – la fama mediatica di sindaco antimafia conquistata dalla Girasole mettendo in diretta relazione l’immagine pubblica della donna con l’eloquente frase “glielo direi io come ha preso i voti”». Nelle oltre cinquecento pagine dell’ordinanza il giudice evidenzia che ci fu un accordo tra Franco Pugliese, marito di Carolina Girasole con Massimo e Pasquale Arena, figli del boss Nicola Arena, per «ottenere voti effettivamente reperiti ed assicurati dalla cosca in misura di almeno 1.350». L’accordo tra la cosca e l’allora sindaco era finalizzato a «futuri favoritismi – prosegue il giudice – ed agevolazioni in favore della consorteria di ‘ndrangheta da parte del sindaco e della sua amministrazione. Favori che, nel caso di specie, si concretizzavano, attraverso un’attività amministrativa apparentemente lecita e sapientemente guidata, nell’assicurare alla cosca Arena non solo il mantenimento di fatto del possesso dei terreni confiscati a Nicola Arena, quanto la loro coltivazione a finocchio e la relativa raccolta dei prodotti inerenti all’annata agraria 2010».

La Girasole aveva partecipato a numerose manifestazioni antimafia e si era candidata anche alle elezioni nazionali, non riuscendo a entrare in Parlamento. Ad una delle iniziative pubbliche, tra l’altro, aveva preso parte anche l’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Considerata un simbolo del Pd, il 25 aprile del 2012 la Girasole, con con altre due donne sindaco della Locride era stata a Reggio Emilia, ospite del sindaco Pd Graziano Delrio, oggi ministro del governo Letta, per festeggiare la Liberazione, in quanto «partigiana della legalità».

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