Centrodestra. Marciare divisi per colpire uniti?

3 Dic 2013 16:26 - di Marcello De Angelis

Il timore che la “divaricazione” del Pdl sia un trappolone, emerge in maniera chiara da tutti gli interventi ai margini delle primarie del Pd. La preoccupazione, tutt’altro che velata, è che Alfano possa impedire al governo di “fare cose di sinistra” mentre Forza Italia possa diventare l’approdo degli elettori scontenti, ormai scontenti pure dell’antipolitica grillesca. L’aritmetica sondaggistica, d’altronde, sembra andare in quella direzione. Il tentativo sanculotto di espellere Berlusconi dalla politica ha destato più orrore che consenso e ha fatto recuperare al Cavaliere simpatie persino tra gli elettori di altri partiti. Il Nuovo Centrodestra invece sembra recuperare tra gli elettori che il Pdl aveva perso rispetto al 2008. In caso di accelerazioni verso un ritorno alle urne – e quindi senza il tempo di modificare la legge elettorale – questi dati andrebbero forzatamente letti in un ottica di coalizione e oggi il centrodestra (tutti insieme e nessuno escluso) sopravanza le sinistre di una buona misura. Questo però se si va tutti insieme. Quindi chi getta benzina sulle polemiche interne al centrodestra fa sicuramente un buon servizio a se stesso – perché finisce sui giornali – ma non alla politica. Perché senza i numeri di Alfano (ampi o risicati che fossero) la vittoria non ci sarebbe. Anche in politica è la somma che fa il totale. Renzi scalpita e ne ha ben donde. Più passa il tempo e più è probabile che gli italiani riconoscano in lui solo un altro valido esponente della tradizione italica degli attori prestati alla politica. In realtà – e in questo ha ragione Cuperlo – Renzi piace a tutti perché in fondo non dice nulla, anche se lo dice bene. Quindi, Renzi minaccia di far cadere il governo per mettere ancor più pressione su Letta, ma in realtà vuole ottenere solo un rimpasto di governo che dia a lui più rappresentanza togliendola al Nuovo Centrodestra. Renzi teme più di qualunque altra cosa di dimostrarsi non all’altezza di gestire un partito come il Pd, dove tutto l’apparato gli è ostile. Due anni di attesa potrebbero essergli fatali. E ancor più fatali sarebbero per Grillo, soprattutto con un’opposizione di centrodestra che non si limiterebbe a strillare e insultare come fa lui, ma potrebbe proporre alternative più argomentate. In politica non c’è mai una fine, ci sono sempre e solo nuovi inizi.

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