Quattro milioni e mezzo di spettatori per la leggenda di Gigi Meroni su Raiuno

12 Nov 2013 14:17 - di Redazione

Sono stati 4 milioni 754 mila i telespettatori che hanno seguito su Rai1 il film per la tv “La farfalla granata”, ispirato alla storia di Gigi Meroni, calciatore dal dribbling straordinario morto per un tragico incidente 46 anni fa a Torino, quando aveva solo 24 anni. Lo share è stato del 17.42%. Nonostante le accuse piovute sulla sceneggiatura, considerata troppo romantica e poco incentrata sulle virtù calcistiche di Meroni, il pubblico ha premiato la produzione Rai del regista Paolo Poeti. La storia ruota infatti quasi esclusivamente attorno all’amore del calciatore del Toro per Cris, la ragazza sposata che fu la compagna adorata di un’esistenza troppo breve.

Appena maggiorenne esordisce col Como in serie B; un anno dopo, nell’estate del 62, viene acquistato dal Genoa. In campo si fa notare come fantasista d’eccezione ma non c’è atteggiamento del ragazzo che non faccia rumore. Nel 1964 passa al Torino per una cifra mai pagata per un ventenne; con la maglia granata si consacra, amatissimo dal suo pubblico che per scongiurarne la partenza verso i rivali della Juventus scende in piazza e minaccia rivolte. Il 15 ottobre 1967, al rientro a casa dopo una partita di campionato, muore investito. Dopo Superga, una nuova tragedia si abbatte sul popolo granata.

Il titolo del film, “La farfalla granata”, è tratto dal libro di Nando Dalla Chiesa sul calciatore, i cui caratteri anticonformisti fecero discutere l’Italia provinciale degli anni Sessanta. Viveva in una mansarda con una donna già sposata e in attesa dell’annullamento del suo matrimonio, portava una gallina al guinzaglio, guidava una vecchia Balilla, aveva i capelli lunghi da beat e disegnava da sé i suoi abiti. La sua malinconica storia è stata anche raccontata a fumetti nel libro “Gigi Meroni, il ribelle granata”, realizzato da Marco Peroni e Riccardo Cecchetti che non lo ritraggono come l’idealtipo del rivoluzionario ma solo come un ragazzo che voleva essere se stesso. Così ha scritto di lui sul Secolo il giornalista sportivo Giovanni Tarantino: “Non gli vengono perdonate la barba e i baffi, il ct della Nazionale, Fabbri gli chiede di tagliarli, come aveva già fatto in precedenza. Il ricatto morale è: ‘o li tagli o non giochi’. Viene preso a capro espiatorio per il fallimento ai Mondiali del’66, pur avendo giocato una sola partita. Lui si diverte: se ne infischia. Irride gli avversari con dribbling e tunnel e per questo rischia le gambe. Un giorno si mette a mendicare e chiede l’elemosina, per poi concedersi un aperitivo: per questo rischia il linciaggio. Non pago di tutto ciò provoca, un giorno, il pubblico assiepato allo stadio di Napoli, entrando in campo vestito di tutto punto con la “bombetta” in testa, elegantissimo e leva il dito al cielo, a volere testare l’andamento del vento. Gli piovono fischi e insulti e anche monete. Gigi Meroni le raccoglie, si reca nello spogliatoio e dice ai compagni: ‘Ragazzi, ho fatto: aperitivo per tutti’. Inutile dire quanto manchi una personalità del genere nel mondo del pallone che ci è contemporaneo, diverso probabilmente, come il resto della società”.

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