Persecuzioni dei cristiani, Putin telefona ad Assad e rompe il muro del silenzio
Le persecuzioni contro i cristiani continuano ad essere metodiche e spietate. Dalla Corea del Nord al Pakistan, dal Sudan alla Nigeria passando per la Siria e per la Cina essere cristiani significa pagare un prezzo molto alto in termini di violenze e di vessazioni. Ogni anno nel mondo, oltre 100mila cristiani vengono uccisi e molti altri sono costretti a subire ogni forma di violenza: stupri, torture, rapimenti, distruzione dei luoghi di culto, ma esistono anche forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i loro simboli religiosi. Solo nella Corea del Nord si stima che vi siano dai 50mila ai 70mila cristiani che soffrono nei terribili campi-prigione a causa della loro fede. Situazione analoga anche in molti altri Paesi islamici. L’unica voce che si è levata per porre fine e a queste violenze è stata quella di Papa Francesco: più volte ha acceso i riflettori sui cristiani che non possono liberamente professare la loro fede. Gli altri capi di Stato non sembrano porsi il problema. In genere a livello internazionale si parla di questo o di quel problema legato a varie etnie, ma dei cristiani perseguitati nessuno sembra occuparsane. Si dà per acquisito, per scontato che i cristiani in alcune parti del mondo non siano molto “graditi”. In questo contesto di generale indifferenza c’è da registrare che a rompere il silenzio è stato Vladimir Putin. Ha telefonato al presidente siriano Assad e nel corso della conversazione ha espresso preoccupazione per le notizie sulle persecuzioni mirate della minoranza cristiana e di altre minoranze religiose da parte degli estremisti. Putin ha espresso inoltre la «la speranza che il governo siriano farà tutto il possibile per alleggerire le sofferenze della popolazione civile e per ristabilire la pace interconfessionale». Un’iniziativa che va segnalata.