La spesa alimentare cala di 2 miliardi. Gli italiani risparmiano con promozioni, orto e dolci fatti in casa
Come negli anni Sessanta. Secondo uno studio di Unioncamere nel 2013 i livelli della spesa alimentare si attesteranno a quelli di cinquant’anni fa. Frutto dei sei anni di crisi, che hanno inciso profondamente sulle abitudini degli italiani, che anche a tavola sono diventati più attenti agli sprechi e ai prodotti non necessari. Dallo studio emerge che un italiano su due compra solo l’essenziale, che ricorre alle promozioni, riscopre il piacere dei fornelli o si dedica all’orto. Nel dettaglio, i pasti fuori casa sono diminuiti del 2,5%, mentre il 14,6% della popolazione maggiorenne è impegnato in «attività amatoriali di coltivazione e cura del verde». Si tratta di 7,4 milioni di italiani, il 17% dei quali ha riscoperto il pollice verde negli ultimi cinque anni, ovvero dall’avvio della crisi economica in poi. Si torna anche a fare i dolci in casa, a scapito delle merendine che non si comprano più come prima. E se in questo contesto non sorprende il calo delle vendite delle bibite gassate, che rientrano fra i prodotti non necessari, va registrata anche la flessione di vino e olio d’oliva. A fronte di chi risparmia con il “fai da te” c’è poi chi semplicemente riduce le quantità comprando di meno o chi attua una forma di “nomadismo commerciale” cambiando di volta in volta il posto in cui fa acquisti, alla ricerca dei prezzi migliori o delle promozioni, o abbandonando i prodotti di marca per spostarsi verso quelli a marchio del distributori. Con questi escamotage, complessivamente, le famiglie italiane riescono a risparmiare oltre 2 miliardi l’anno, che bilanciano l’aumento dei prezzi. «La crisi ha indotto tante famiglie italiane a industriarsi in mille modi per ridurre il costo della spesa e far quadrare i bilanci a fine mese», ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, secondo il quale «sarebbe auspicabile ora individuare strumenti in grado di sostenere i redditi per non alimentare una spirale deflattiva».