Il declino inarrestabile della Coca Cola. Gli italiani non trovano più indispensabili le bollicine…
Che succede alla Coca Cola, la bevanda un tempo simbolo odiato del capitalismo col marchio Usa e dopo zuccherosa tentazione cui è stata addebitata la tendenza all’obesità dell’Occidente industrializzato? Succede – come “strillava” oggi Repubblica in prima pagina – che le vendite in Italia sono contrassegnate dalla freccina che segna discesa. E non solo in Italia. Anche in Austria, Irlanda, Grecia e Svizzera le bollicine hanno meno clienti. E la prima conseguenza di questa disaffezione per la bibita di Atlanta è che chiuderà lo stabilimento di Gaglianico (Biella) che dal 1995 fa capo alla Hbc, la società greca che imbottiglia Coca Cola su suolo italiano (90 dipendenti rischiano presto, così, di finire a spasso). Solo colpa dell’austerity? Gli strateghi del marketing indicano anche altre cause, tra le quali l’attenzione crescente del pubblico dei giovani consumatori per le energy drink tipo Red Bull. Bevande su cui le associazioni dei consumatori da tempo consigliano di tenere alto il livello di guardia: la quantità di caffeina presente in questi drink, infatti, copre spesso quasi tutta la dose giornaliera accettabile per un adolescente, dando così effetti indesiderati, come la tachicardia.
Tra le altre cause da non trascurare c’è la riscoperta di vino e birra come bevande più adatte a soddisfare gusti personalizzati e variegati. Il consumo di vino non è però esente da contrazioni importanti: gli italiani consumano 37,2 litri pro capite l’anno (cinque anni fa la soglia era superiore ai 40 litri). In compenso l’export è più che promettente e guarda a mercati tutti da conquistare come quello cinese e brasiliano. Per quanto riguarda la birra, infine, il consumo è di 29 litri procapite (al di sotto della media europea che è di 72 litri) ma di sicuro è un trend in crescita. Altro campanello d’allarme per il marchio Coca Cola.