Il Campidoglio fa scuola: insulti e spintoni anche al Consiglio regionale del Piemonte

27 Nov 2013 10:56 - di Sandro Forte

Ormai sta diventando una moda: per diramare questioni in apparenza irrisolvibili meglio passare alle vie di fatto. È accaduto qualche giorno fa nell’aula del Consiglio comunale di Roma, si è ripetuto ora in quella del Consiglio regionale del Piemonte, dove sono volati gli insulti, le minacce e pure qualche spintone di troppo. La bagarre è scoppiata al termine di una accesa discussione aperta dall’intervento del governatore Roberto Cota. Il quale, a sorpresa, si era presentato in Aula «per difendere l’istituzione dall’attacco mediatico» sui cosiddetti rimborsi facili. «È giusto – aveva sottolineato – che la magistratura approfondisca, ma è altrettanto giusto che il Consiglio regionale continui a lavorare con la dovuta serenità». Un appello, quello del presidente Cota, caduto nel vuoto quando a prendere la parola è stata l’ex presidente Mercedes Bresso (Pd). Anche lei è indagata insieme ad altri 42 consiglieri regionali (su 60) nell’inchiesta della Procura di Torino, conclusa nei giorni scorsi, sull’utilizzo dei fondi regionali. «Ritengo che questa legislatura sia finita, lo chiedono i piemontesi…», la frase della Bresso interrotta dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Franco Maria Botta, che in un precedente intervento aveva definito «topi di fogna» i giornalisti autori dei servizi sull’inchiesta torinese. «Non accetto giudizi da parte di chi normalmente sta a Parigi o a Strasburgo e pretende di conoscere le esigenze dei piemontesi», la replica di Botta (figlio del deputato democristiano di lungo corso Giuseppe Botta) che ha acceso gli animi dell’Assemblea. A “sfidarlo”, al centro dell’emiciclo, il capogruppo del Pd, Aldo Reschigna. Il presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo, ha sospeso la seduta. E l’intervento dei questori Lorenzo Leardi e Tullio Ponso e del vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Placido ha evitato che i due arrivassero alle mani. In pochi minuti le immagini del parapiglia, nel quale Botta e Placido sono finiti a terra, ha fatto il giro del web, in alcuni casi accostate proprio alla rissa avvenuta nei giorni scorsi in Campidoglio. Episodi differenti, ma accomunati dalla stessa tensione che anima, a tutti i livelli, la politica degli ultimi tempi. Un segno di “degrado”, per il Pd, tornato a chiedere le dimissioni della maggioranza, mentre l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e la Stampa Subalpina si dicono pronte «a costituirsi in giudizio» nei confronti di Botta. Sullo sfondo resta l’intervento del governatore Cota, umanamente provato da quello che in Aula ha definito «un attacco alla democrazia», ma più che mai intenzionato a portare a termine la legislatura. «Da una semplice notifica di chiusura indagini è partita una violenta campagna diffamatoria. Ricordo che sono previsti tre gradi di giudizio e che in questa fase non è scontato neppure il primo», è un passaggio del discorso di Cota, che ha pure incassato la solidarietà del segretario federale della Lega Nord, il governatore della Lombardia Roberto Maroni. «Sono qui per ribadire il mio impegno, e quello della maggioranza a onorare fino alla fine della legislatura il mandato ricevuto dai piemontesi», ha detto Cota, che ha annunciato l’intenzione di agire in sede civile e penale contro «le fughe di notizie manipolate» sull’inchiesta in corso.

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