Deriva “jihadista” all’Unesco: sospeso il diritto di voto a Usa e Israele

8 Nov 2013 16:40 - di Corrado Vitale

Clamorosa esclusione all’Onu. L’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha sospeso il diritto di voto degli Stati Uniti, due anni dopo che Washington ha deciso di interrompere i propri contributi finanziari per protesta contro l’ammissione della Palestina come Stato membro. Lo riferiscono fonti interne all’organizzazione, citate dall’agenzia France Presse. La sospensione coinvolge anche i diritti di voto di Israele, per le stesse motivazioni.  I due Paesi avrebbero dovuto presentare entro l’8 novembre la documentazione necessaria a motivare la sospensione dei propri pagamenti all’Unesco, per evitare la perdita dei diritti, ma non lo avrebbero fatto. «La questione di fondo – ha spiegato un portavoce – è che, dopo l’ingresso della Palestina, gli Stati Uniti hanno sospeso il loro contributo, e in base ai regolamenti se questo contributo resta sospeso per un periodo prolungato di tempo può portare alla sospensione del diritto di voto». La questione deve in ogni caso essere sollevata ed esaminata nel corso della Conferenza generale, che si è aperta all’inizio di questa settimana e proseguirà fino alla fine della prossima. Lo stop ai finanziamenti Usa, che al momento dell’interruzione rappresentavano circa il 22% del budget Unesco, avrebbe  generato grossi problemi per l’agenzia Onu, che è stata costretta a interrompere alcuni programmi e attuare pesanti tagli alle spese di funzionamento.

Messa così, sembra un problema meramente burocratico,  provocato dalla “ritorsione” degli Stati Uniti. In realtà, la questione politica è più complessa, perché da molti anni gli orientamenti dell’Unesco subiscono una pesante deriva antioccidentale e terzomondista. Basterà ricordare lo sconcertante esito della Conferenza contro il razzismo svoltasi a Durban il 31 agosto del 2001 (pochi giorni prima la tragedia dell’11 settembre), quando fu  approvata una mozione in cui si affermava che i Paesi europei avrebbero dovuto “risarcire” quelli del Terzo Mondo per il colonialismo di un secolo e mezzo prima. Né risulta sempre chiaro dove  vanno a finire i finanziamenti dell’Unesco per la promozione della cultura nel mondo. Frequenti sono i casi in cui l’organizzazione dell’Onu sostiene progetti che poco hanno a che fare con la diffusione della pace, della tolleranza e dell’amicizia tra i popoli. Clamorosa ad esempio  la denuncia del Centro Simon Wiesenthal del 2012 a proposito del sostegno Unesco a una pubblicazione diretta ai ragazzi palestinesi, Zayafuna in cui si pubblicavano componimenti di apologia alla  Jihad; e dove persino si arrivava ad esaltare  la figura di Hitler. Perché stupirsi se gli Usa e Israele hanno qualche legittimo dubbio sulla destinazione del proprio sostegno all’Unesco?

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